Zara scrive la parola fine su una brutta vicenda di inquinamento che l’ha vista coinvolta. L’azienda spagnola figurava in fatti nel rapporto Greenpeace, “Toxic Threads – The Fashion Big Stitch Up”, come azienda produttrice di indumenti contaminati da sostanze chimiche pericolose per l’uomo, diventando bersaglio di ambientalisti e cittadini indignati. Zara, ha così deciso di impegnarsi pubblicamente affinché in futuro nulla del genere possa mai ripetersi, assicurando la sicurezza della catena produttiva futura e dei prodotti in commercio.
Greepeace, infatti, la settimana scorsa era riuscita a dimostrare, attraverso analisi chimiche su 141 articoli di 20 diversi brand della grande distribuzione del settore fashion, il collegamento fra la tossicità di alcuni prodotti moda e l’inquinamento dei corsi d’acqua nelle vicinanze delle industrie che li producono. Ma l’accusa non riguarda solo Zara. Tra i grandi nomi della moda coinvolti nella ricerca ci sono, oltre a Zara. Benetton, Armani, Jack & Jones, Victoria’s Secret, Only, Diesel, Vero Moda, Blazek, C & A, Esprit, Gap, H&M, Levi’s, Mango, Marks & Spencer, Metersbonwe, Calvin Klein, Vancl e Tommy Hilfiger. Dopo le proteste l’accordo tra i vertici dell’azienda e Greenpeace. L’impegno di Zara consiste anche nel rafforzare il processo di eliminazione degli alchilfenolestossilati dai prodotti e nel fissare ulteriori scadenze a breve termine per l’eliminazione delle sostanze chimiche pericolose prioritarie, tra cui i PFC (per fluorocarburi).