Belle e trendy si, ma non a tutti i costi. Quando a pagare le spese è l’ambiente, è ora di fermarsi a ragionare, interrogandosi su quelli che sono i comportamenti responsabili per sentirsi sì, al passo con la moda del momento, ma senza tradire la propria coscienza.
Interessante volgere un occhio alla campagna Detox lanciata nel 2011 dall’associazione ambientalista Greenpeace che, con il progetto #TheFashionDuel, intende ripulire le filiere della moda dalle sostanze tossiche dando vita ad un mondo migliore, là dove l’inseguimento della perfezione estetica non deve rappresentare un pericolo per la salute del Pianeta nonché una minaccia per quella umana.
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A quanto pare non si tratta di parole lasciate in balia del vento: sei aziende italiane hanno accolto a braccia aperte l’invito a responsabilizzarsi, allontanandosi da sostanze tossiche e pericolose riconoscendo l’importanza della trasparenza e del diritto all’informazione: i numeri sono importanti, fino ad oggi si parla di 7 milioni di metri lineari di tessuti, 40 milioni di metri di tessuti stampati e 35 milioni di bottoni e zip, il tutto prodotto, ovviamente, senza fare ricorso alle sostanze nocive inserite nella black list. Vediamo chi sono i soggetti che hanno detto no all’inquinamento causato dal fashion system.
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A scendere in campo contro all’ avvelenamento dei corsi d’acqua è Berbrand Srl, una piccola impresa che, dal 1995, è operativa nel settore dei bottoni in madreperla: secondo Emanuele Bertoli, Amministratore Delegato, la moda è troppo bella per avere a che fare con sostanze pericolose e cattive, motivo per cui ha deciso di intraprendere un nuovo percorso, impegnativo ma fondamentale per essere e sentirsi al sicuro.
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Anche la ditta Besani Srl, attiva nella produzione di tessuti a maglia in cotone di alta qualità, crede fortemente nel progetto e nell’importanza di tenere alto il valore del Made in Italy che deve essere sinonimo non solo di bellezza ma anche di sostenibilità. Mario Riva, procuratore dell’azienda, intende orientarsi dunque verso una moda etica e sostenibile.
Italdenim Spa produce denim di altissima qualità motivo per cui, consapevole dell’utilizzo e della diffusione a livello globale di questo tessuto, ha raccolto la sfida eliminando le sostanze pericolose dalla produzione dei jeans: il titolare, Luigi Caccia ha dichiarato “Abbiamo speso oltre 30 milioni di euro per costruire un’azienda tessile sostenibile in ogni passaggio“.
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Il Gruppo Miroglio non è stato da meno: il Presidente, Giuseppe Miroglio, ha raccontato il proprio impegno che, negli ultimi anni, l’ha visto impegnarsi, nell’ottica dell’eco-sostenibilità, in importanti investimenti relativi a nuove tecnologie di stampa presso gli stabilimenti MiroglioTextile di Govone e Alba, con notevoli riduzioni di consumo di acqua, energia ed emissione CO2.
Giunta alla sua quarta generazione, la Tessitura Attilio Imperiali Spa è un’azienda storica nel comasco che, dall’1800, produce tessuti di alta qualità. Al fine di portare avanti un bene familiare con il cuore e con la testa, secondo Giovanni Di Gristina, Responsabile Marketing e Sviluppo Tessitura Attilio Imperiali Spa, è cosa buona e giusta adottare metodi di produzione a minore impatto sull’ambiente, sostituendo sostanze critiche con altre non inquinanti. Fondamentale inoltre coinvolgere in questo approccio i propri fornitori perché la moda sostenibile può nascere solo da un impegno di tutti i soggetti della filiera.
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Last but not least l’azienda pugliese specializzata in chiusure lampo Zip Gfd Spa che, da sempre, è attenta al rispetto ed alla difesa dell’ambiente, motivo per cui, l’Amministratore Delegato Claudio Goffredo ha dichiarato “Il nostro impegno Detox è un ulteriore passo verso un nuovo modo di vestire cucito a misura dell’uomo“.