Vestire bene è un piacere per tanti, uomini e donne da sempre amano uscire di casa con look curati, pratici e al passo con i tempi. Non sempre però la moda è rispettosa nei confronti del mondo, troppo spesso dietro a una bella giacca, una borsa o un paio di scarpe si cela una storia triste, quella di poveri animali maltrattati per fare le felicità del sistema.
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Sono in molti coloro che farebbero carte false per indossare una morbida pelliccia o un caldo piumino, ma a che prezzo tutto ciò? Caro, e non in termini economici in quanto, a rimetterci, sono innocenti vittime sacrificate per futili capricci. Fortunatamente le cose stanno cambiando, gli italiani stanno dimostrando una maggiore sensibilità: secondo i dati Eurispes infatti, nel 2014, l’85% degli italiani disapproverebbe l’uccisione di animali per la produzione di pellicce.
Dopo aver visto la LAV impegnata, assieme a oltre 300 brand, allo Standard Internazionale Fur-Free, altri grandi nomi della moda si preparano a un’altra bella battaglia: H&M, Marks&Spencer, Topshop, Primark, Elisabetta Franchi, e ora anche il gruppo spagnolo Inditex (proprietario dei marchi Zara, Berishka, Pull & Bear e Massimo Dutti) hanno detto no allo sfruttamento animale con la promessa di abbandonare la produzione di indumenti in lana d’angora.
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Si tratta di un particolare tipo di tessuto caldo e pregiato che si ricava però passando per una pratica crudele detta “plucking” che causa grandi sofferenze ai conigli a cui viene brutalmente strappato il pelo, una tortura che è stata denunciata dall’organizzazione People for the ethical treatment of animals (Peta) che ha fatto luce sulla terribile verità che vede protagoniste le fabbriche in Cina, paese da cui proviene il 90% delle pellicce d’angora.
Il responsabile di comunicazione di Inditex, Raul Estradera ha infatti dichiarato: “Peta ci ha avvertiti degli abusi che avevano scoperto in alcune fabbriche di conigli di angora in Cina, così che per precauzione abbiamo deciso di bloccare nuove richieste e ispezionato le condizioni dei nostro fornitori. Non abbiamo trovato nulla di irregolare, ma per precauzione abbiamo deciso di rinunciare alla lana d’angora“.
Dopo la pubblicazione dei video-choc che mostrano la pratica attraverso la quale questi conigli vengono prima storditi e poi legati e maltrattati, non poteva che sollevarsi l’indignazione generale, la denuncia ha fatto il giro del mondo facendo breccia nel cuore di innumerevoli brand come Calvin Klein, Stella McCartney, Tommy Hilfinger e French Connection che hanno preso le distanze da quest’orrore sospendendo la produzione d’angora.
Tanti i consensi per ora riscossi, Peta estende però l’invito a tutte le aziende tessili che ancora non si sono pronunciate, è il momento di dimostrare che la crudeltà verso gli animali è una pratica da abolire e non da portare tra gli scaffali dei propri negozi.