Non è mai stata una che si tira indietro, Lilli Gruber. Carisma da vendere e coraggio di mettersi in gioco anche negli scenari più azzardati (un lungo soggiorno in Iran e a Baghdad ne sono l’esempio), è stata addirittura definita “una belva” dal direttore del Tg5 Clemente J. Mimun. Figuriamoci se una come lei, incalzata in un’intervista pubblicata sul Corriere della Sera, si poteva far scrupoli a dire la sua opinione. Quando le viene chiesto cosa pensa della televisione italiana e in particolare del fatto che i talk show di approfondimento sono condotti quasi esclusivamente da uomini (Floris, Lerner, Santoro, Vinci, Vespa), la risposta è un diretto “La tv italiana è maschilista”. E non solo: si schiera contro “l’infantilizzazione dell’informazione…” perché “…a furia di semplificare abbiamo avvallato un approccio semplicistico alla realtà”.
Di origine altoatesina, cresciuta tra le montagne di Egna, provincia di Bolzano, Lilli Gruber è stata sin dagli inizia della carriera una delle grandi promesse del giornalismo al femminile. Il suo volto diventa noto al pubblico italiano quando viene chiamata ad occuparsi di politica estera al Tg2, ma è con la conduzione del Tg1 delle 20 che entra davvero nelle case di ogni famiglia italiana, posizione che lascerà nel 2004 per candidarsi come Europarlamentare. Dal 2008 conduce con successo ‘Otto e mezzo’, su La7, programma molto seguito dal pubblico (5,5% di share), ma che comunque, con i suoi 35 minuti di durata, non può competere con lo spazio concesso ai suoi colleghi uomini, secondo la Gruber.
Non si è fatta problemi a denunciare la mancanza di libertà di informazione in Italia, e ora non disdegna il ricorso alle quote rosa per arrivare ad una televisione paritaria, dichiara nella stessa intervista. Aggiungendo che ‘quote rosa’ significa che, a parità di curriculum e bravura, un uomo e una donna dovrebbero avere le stesse opportunità.
Ci troviamo di fronte ad una televisione dove la maggioranza dell’informazione viene fatta dagli uomini, mentre la donna, la figura ormai mitologica della ‘donna- oggetto’ che ha reso la tv italiana tristemente famosa anche all’estero, non è altro che una bella ragazza che decora lo schermo, con poche, rare eccezioni. Sul tema, un documentario uscito in rete lo scorso anno, ‘Il corpo delle donne’ di Lorella Zanardo ha scatenato un grande dibattito e suscitato molto interesse (tanto da avere il seguito in un libro). La regista analizzava il ruolo ‘decorativo’ della donna nella tv italiana, riflettendo sul modello che viene proposto alle giovanissime telespettatrici che si immedesimano in veline, meteorine, soubrette e showgirls.
Ecco che, anziché sognare di diventare una Lilli Gruber, colta, autorevole, indipendente, forte e carismatica, molte giovani italiane auspicano di entrare a far parte della schiera di ‘figure decorative’. Chissà se c’è davvero bisogno di imporre le quote rosa per riuscire a far tornare le donne ‘vere’ in televisione, mettendo da parte le figurine seminude e garantendo la possibilità di competere con la schiera di colleghi maschi…