“Se il pensiero corrompe il linguaggio, anche il linguaggio può corrompere il pensiero”, scrisse George Orwell in un saggio sul legame tra politica e lingua. E’ proprio perché la lingua è in grado di formare il pensiero, di veicolare concetti, di accentuare stereotipi, che da decenni le accademiche e studiose femministe elaborano e combattono il sessismo insito nel linguaggio. Ma in tempi recenti il dibattito si è spinto oltre, specialmente negli Stati Uniti: interiorizzato il concetto di linguaggio sessista (più o meno), è tempo di eliminare dal vocabolario tutte quelle parole, quei modi di dire che sviliscono e tolgono valore alle donne e al loro pensiero, spesso usati dalle donne stesse. Specialmente sul luogo di lavoro, dove studi recenti continuano a dimostrare che la parità di genere è lungi dall’essere raggiunta.
E’ stato un caso l’app ‘Just not Sorry’, che aiuta le donne ad eliminare dalle mail la parola ‘sorry’ (‘mi dispiace’) e le formule affini – un divertente sketch di Amy Schumer intitolato ‘I’m sorry’ esemplifica con humor la tendenza delle donne a chiedere scusa anche quando non è necessario. Ma la lista si sta allungando, e la terminologia che sminuisce la donna, specialmente quando si esprime un’opinione, può essere più subdola di quanto immaginiamo. Spesso sono le donne stesse a minare la propria credibilità, spiega per esempio la professoressa Natasha Pangarkar, citata in un articolo sul tema da Molly Worthen del New York Times, quando introducono una frase con ‘I feel like’, che in italiano corrisponde all’incirca a ‘sento che’: qualsiasi opinione anticipata da un tale modo di dire (tuttavia più americano che italiano) veicola il concetto che si tratti di un sentimento, di qualcosa di astratto, non di un’affermazione.
Ellen Leanse, motivatrice di Linkedin, ha pubblicato un post sottolineando come una donna non dovrebbe mai usare ‘just’, traducibile come ‘solo’ quando sta parlando in un contesto di lavoro se non si vuole auto-svalutare: ‘stavo solo pensando che..’, ‘volevo solo aggiungere che’, ‘sto solo facendo…’. Il concetto è che con quella semplice parolina stiamo rendendo la nostra opinione, il nostro gesto, il nostro lavoro piccolo e relativamente insignificante. Tara Mohr, che si occupa di formazione manageriale, consiglia anche di non partire mai, assolutamente mai, con frasi tipo ‘non sono un’esperta ma…’, piuttosto citiamo ‘l’esperto’ o ‘l’esperta’ del caso con convinzione. La lista delle parole da eliminare dal vocabolario si allunga, ma non si tratta di prenderla alla lettera, piuttosto di imparare a credere nelle proprie capacità e veicolare sicurezza.