Se un tempo erano solo marinai e carcerati a sfoggiarli oggi tutti, professionisti compresi, si avvalgono di orecchini e disegni sulla pelle per esprimere la propria individualità
I tempi cambiamo e le mode, altrettanto, rivedono le carte in tavola. C’era un’epoca in cui i
tatuaggi erano una prerogativa di marinai, carcerati, prostitute e sottoculture sovversive ma gli anni passano, la mente si apre e i pregiudizi cadono. A testimoniare un grande cambiamento in direzione di quella che si potrebbe definire un’esplorazione corporea fu
Fakir Musafar con il suo libro “Modern Primitives”, una sorta di sciamano contemporaneo che ha richiamato l’attenzione di migliaia di persone che hanno deciso di modificare il proprio corpo in un’ottica ben definita, ovvero come riappropriazione del sé. Oggigiorno, chiunque ha deciso di appellarsi a quella tecnica di decorazione pittorica corporale che tanto fa discutere o ancora chi ha uno nessuno o centomila piccoli fori noti come piercing, non intende più nascondersi con vergogna ma si sente libero di mostrare a tutti le proprie scelte divenute simbolo della cultura artistica del XXI secolo.
Stando a quanto ha rivelato un’indagine condotta dall’ONDICO, l’Organismo Notificato Dispositivi e Cosmetici dell’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con l’IPR marketing, a scrivere sulla propria pelle, che sia un messaggio d’amore, il ricordo di una persona cara scomparsa etc., sono quasi sette milioni di persone, ovvero il 12,8% della popolazione e per lo più si tratta di donne di età compresa tra i 35 e i 44 anni. Basta guardarsi intorno per trovare la conferma di questo importante cambiamento: se tutto è iniziato nel mondo malavitoso per poi diffondersi tra punk e motociclisti, oggi è difficile etichettare coloro che hanno tatuaggi perché è una passione che mette d’accordo gente di ogni estrazione sociale e che si tratti di artisti, medici, avvocati etc. tutti ne vanno matti.
Nessun tabù dunque: se il mondo della televisione ha sbancato con la serie crime di successo Blindspot in cui la protagonista Jaimie Alexander, nei panni di Jane Doe, si presenta coperta da duecento tatuaggi, la moda ha contribuito dando spazio non solo a modelli androgini dai lineamenti spigolosi ma anche a figure più da macho come il selvaggio John Mario Josh o ancora Ricki Hall e, senza guardare troppo lontano, Andrea Marcaccini, uomini dai capelli lunghi con tanto di barba incolta e fisico scolpito ricoperto da tatuaggi. Anche nel mondo del food l’apertura sembra essere un dato di fatto come dimostra Gabriele Rubini, in arte Chef Rubio, impossibile non notarlo, l’ex sportivo e re dei fornelli è ricoperto da disegni che raccontano viaggi e momenti salienti della sua vita, ricordi su pelle che non lo hanno mai ostacolato nella carriera.
Che dire poi del mondo della musica? Gli esempio sono tantissimi e si spazia dai rapper nostrani come “il coso dipinto” Fedez e J Ax fino ad arrivare agli artisti d’oltreoceano come la star canadese Justin Bieber che, proprio di recente, ha condiviso sui social il suo ultimo disegno, una croce all’angolo dell’occhio che, stando a quanto ha dichiarato il tatuatore Jonathan “JonBoy” Valena a E! Entertainment, altro non è che la rappresentazione della sua fede in Gesù e del suo viaggio alla ricerca di Dio.
Non c’è che dire, il mondo sta cambiando e sta crollando quel muro di finti moralismi per lasciare il posto a una maggiore apertura mentale che porta a interpretare i tatuaggi non come una forma di stranezza, trasgressione o di conformismo di massa bensì come espressione creativa nonché come una celebrazione dei propri gusti e del proprio modo di essere.