Parente stretta della ciliegia, meno diffusa nella versione fresca ma ampiamente utilizzata per preparazioni dolciarie, l’amarena è un frutto che andrebbe consumato più frequentemente, perché ricco di proprietà benefiche. Il suo albero è l’amareno, e della sua origine non si hanno certezze (c’è chi pensa sia asiatico, chi dell’Europa dell’est, delle regioni caucasiche o del Medio Oriente), il suo nome botanico è prunus cerasus e si distingue in tre varietà che danno vita all’amarena, la visciola o la marasca. Si adatta facilmente a molti climi, cresce in pianura come in montagna, e grazie a questa capacità si può godere dei suoi frutti in mensilità diverse, che vanno dalla primavera all’estate inoltrata. La produzione di amarene è inoltre molto generosa, trattandosi di una pianta autofertile, il cui polline feconda il suo stesso fiore.
L’amarena è notoriamente più acidula della ciliegia, e della ‘cugina’ eguaglia l’apporto di vitamina A e C, di potassio, di fosforo, pur avendo un apporto energetico più alto e poca fibra. Divere ricerche indicano le amarene come frutti dall’altissimo potere antiossidante, capaci anche di ridurre le infiammazioni – secondo studi sperimentali e i processi di ossidazione, tanto che, sono ancora in corso ricerche, sembrerebbero attive alleate nella prevenzione dei tumori al seno e al colon. Contrastano i radicali liberi, rinforzano i capillari, migliorano la microcircolazione e la facoltà visiva; inoltre, come le ciliegie, favoriscono il sonno. Sono diuretiche e depurative, e anche il peduncolo viene usato in erboristeria (assunto sotto forma di decotto) per contrastare problemi renali e calcoli.
Molto utilizzate per confetture, sciroppi, preparazioni dolciarie in generale, le amarene si sposano bene anche con piatti salati, specialmente carni e selvaggina, e possono costituire un’interessante variante per il risotto.