Le varietà di patate commestibili coltivate nel mondo, e specialmente in America latina, sono centinaia, di cui moltissime non vengono prodotte alle nostre latitudini. Sono invece approdate da tempo, anche se sugli scaffali dell’ortofrutta non si trovano sempre, le patate viola (o blu), tuberi dalla tonalità vivace che si prestano a preparazioni culinarie davvero scenografiche, originari del territorio incluso tra Perù e Cile.
Purè viola, vellutate lilla, chips bluette: le gradazioni purpuree non sono molto comuni a tavola, ed è per questo che l’uso dei tuberi a pasta viola-blu sorprende nelle presentazioni, anche se il sapore è in tutto e per tutto quello delle classiche patate, con una leggero sentore di nocciola o di castagna in alcune tipologie. ‘Patata viola’ è una definizione molto generica, perché di questi tuberi esistono decine di varietà (Vitelotte, All Blue, Purple Congo, tra le tante), mentre alcune dette ‘violette’ hanno semplicemente la buccia violacea ma la pasta bianca o gialla.
Al contrario di quello che si potrebbe pensare, la pasta viola di questi tuberi non è indotta dall’uomo, ma si tratta di una colorazione naturale. Si tratta di patate particolarmente ricche di antocianine, pigmenti che caratterizzano la maggior parte dei frutti e degli ortaggi rosso-viola (inclusa l’arancia rossa per esempio), e che li rendono particolarmente efficaci contro l’invecchiamento cellulare. Le antocianine infatti sono eccellenti antiossidanti, e conferiscono alla patata viola una proprietà che gli altri tuberi non possiedono. Come le altre patate tuttavia sono altamente sazianti e alleate del transito intestinale, oltre che estremamente versatili in cucina.