Una vita che è stata un’opera d’arte, o almeno così ci ha riferito lo stesso Gainsbourg parafrasando alcuni celebri artisti d’avanguardia. Serge Gainsbourg è stato davvero un personaggio mitico: eccentrico ed irriverente, provocatore dissacrante, artista inclassificabile allergico a convenzioni e formalismi.
Con il titolo “Gainsbourg: vie héroïque” , è uscito in questi giorni in Francia il biopic diretto dal regista trentottenne Joann Sfar, cineasta praticamente agli esordi, benché affermato fumettista. Il film promette di dipingere tutte le anime di questo camaleontico artista. Cantautore, compositore ed interprete geniale, Gainsbourg ha mosso i primi passi ereditando la tradizione dei più illuminati chansonnier francesi come Boris Vian, per poi aprirsi alla contaminazione di generi diversi tra cui il jazz, il pop anglosassone, fino ad arrivare al reggae. Celebre rimarrà la sua versione “freak” della Marsigliese, l’inno nazionale francese, riproposto in chiave militante con il titolo “Aux armes et cetera et cetera” , con l’accompagnamento musicale dei coristi di Bob Marley e dei musicisti di Peter Tosh.
Gainsbourg ha sperimentato tutte le vie della creatività, cimentandosi di volta in volta nelle vesti di regista, attore, pittore e scultore. Qualcuno forse lo ricorda anche per la sua fama di “tombeur de femmes”, amante appassionato di alcune delle più affascinanti attrici del mondo come Juliette Greco, Jane Birkin e la mitica Brigitte Bardot.
Tra le sue canzoni non possiamo dimenticare la celebre “Je t’aime. Moi non plus”, un pezzo scritto nel 1968 proprio per B.B. , ma che alla fine della relazione venne interpretato dalla Birkin. In questo gioco di parole che sta a significare “Ti amo. Neanche io” , la giovane coppia si esibì in una perfomance canora talmente erotica da imporre l’intervento della censura francese. Amato ed osannato nel suo paese, purtroppo non altrettanto conosciuto in Italia, Serge Gainsbourg ha incarnato l’immagine del genio – sregolatezza, simbolo di quel mutamento di costumi che avrebbe presto mandato in frantumi la perbenista società degli anni ’60.
Un dandy spregiudicato e ribelle che ha affilato le armi della provocazione spingendosi fino alle estreme conseguenze: “Je connais mes limites. c’est pourquoi je vais au-delà”. E al di là ci è arrivato troppo presto, trascinandosi in una deriva alcolica che l’ha stroncato all’età di 62 anni. Di lui si è detto e scritto di tutto. Ed ora, a quasi vent’anni dalla sua morte, il film prova a riassumere le fasi salienti di questa immensa carriera, con un tasso di fedeltà sufficiente per essere approvato dall’intera famiglia.
Sfar traccia il ritratto del giovane “Lucien Ginsburg” nella Parigi occupata degli anni ‘40 ; segue il racconto dell’itinerario artistico che lo porterà a cimentarsi nella musica d’avanguardia, fino a diventare una vera e propria icona di poeta maledetto in lotta contro tutti i tabù sociali, non ultimo quello dell’incesto, a seguito controversa “Lemon Incest”, cantata in un duetto con la figlia Charlotte.
Nel film Gainsbourg è interpretato dall’impressionante somiglianza di Éric Elmosnino, mentre il pianista Gonzalés presta le mani per le scene girate al pianoforte; B.B. è interpretata da un’icona sexy del calibro di Laetitia Castà. Lucy Gordon si cala nei panni della moglie Jane Birkin. Gli altri interpreti sono Anna Mouglalis (Juliette Gréco), Sara Forestier (France Gall) e Mylène Jampanoï (Bambou). Il film è co-prodotto dalla Universal Pictures insieme a Studio 37 e per ora è disponibile solo in Francia. Da sottolineare che è la prima volta nella storia che la major americana investe nel cinema francese: il mitico Gainsbourg sembra dunque essere riuscito un ultimo, ennesimo miracolo.