Da una parte il cinema e dall’altro il teatro. Da un lato la macchina da presa e, dall’altro, i fornelli. Sempre e comunque all’insegna dell’arte e della cultura vissute con entusiasmo e passione. Gianmarco Tognazzi, uno dei volti più famosi del cinema e del teatro italiano, non ha bisogno di presentazioni. Classe 1967, figlio di Ugo Tognazzi e di Franca Bettoja, Gianmarco dopo oltre sessanta film e un progetto enogastronomico di successo qual è “La Tognazza” a Velletri, oggi calca nuovamente le scene interpretando una delle più belle e “attuali” pièce teatrali degli ultimi due secoli: “Nemico del Popolo” di Henrik Ibsen. Scritta nel lontano 1882, resterà in cartello a Roma presso il Sala Umberto sino al 20 aprile per poi muoversi in giro per l’Italia. Una storia avvincente, riadattata per essere fruibile ai giorni nostri ovvero per raccontare la voglia di lottare contro i potenti in difesa del popolo e dei senza voce. Mentre me ne parla, in modo entusiasta e convincente, l’ho interrotto senza volerlo:
Mi sembra un perfetto ritratto di alcune situazioni “all’italiana”.
Sai, questo spettacolo ha una grande forza comunicativa, pur essendo stato scritto da Ibsen alla fine dell’Ottocento. E non tutti sanno che l’ispirazione gli è venuta proprio durante un soggiorno in Italia. L’adattamento di Edoardo Erba e la regia di Armando Pugliese sono riusciti in un’ardua impresa: traslare i contenuti, effettivamente attualissimi ancora oggi, in un’ambientazione più attuale, vicina ai nostri tempi.
Effettivamente di italiani disposti ad abbandonare tutto, al pari del protagonista dello spettacolo teatrale, ce ne sono tanti. Quali sono, secondo te, i punti di forza dell’Italia?
Indubbiamente sono quelli che ci vengono riconosciuti da tutto il mondo: in primis la bellezza del territorio, dal mare alla montagna, dalla collina alla pianura e, poi, tutto quello che la nostra terra contribuisce a dare, dalla gastronomia alla ristorazione, dal vino all’olio, dalla dieta mediterranea alle ricette tradizionali. Ma, soprattutto, l’economia di un Paese deve basarsi sull’industrializzazione del proprio più patrimonio più importante ovvero quel 70% del patrimonio artistico mondiale presente nelle nostre regioni. E’ evidente che la soluzione economica alla crisi sia a portata di mano: occorre promuovere la cultura che parte dagli artisti ma che non può prescindere da tutte le maestranze. E’ l’arte il vero motore economico dell’Italia comprendendo anche musica, teatro e cinema. Valorizzando tutti gli aspetti di questa grande macchina della cultura, anche l’economia ne trarrebbe grandi benefici. Eppure si sente dire che abbatteranno Cinecittà e chiuderanno teatri: è assolutamente paradossale.
A proposito, qual è il tuo ricordo di Cinecittà?
Ho avuto la fortuna di frequentare Cinecittà in uno dei momenti floridi del cinema, negli anni Settanta, quando vi si producevano ancora 300 film l’anno. Il Cinema allora era la seconda industria in Italia. Quando non c’erano ancora le crisi: né quelle del settore né quelle globali. Ma, non adeguando il sistema cinematografico ai cambiamenti dei tempi, era naturale che le cose andassero a degenerare…
Durante i tuoi viaggi in giro per l’Italia, quale città ti ha più stupito?
Torino, senza dubbio. Negli anni Ottanta era una città morta, triste, cupa. Ci sono tornato a metà degli anni Novanta ed era in fase di miglioramento. Poi, dalle Olimpiadi invernali, si è completamente trasformata: bellissima, viva, piacevolissima. Per quanto riguarda il mio settore, inoltre, ci si lavora con grande tranquillità e con puntuale organizzazione. Non è un caso che molte produzioni Rai si stiano spostando proprio qui. Molto più vivibile rispetto a Milano, che ha vissuto un momento di accelerazione negli anni Novanta, per poi essere “superata” da Torino. Anche se, lo scommetto, Milano rinascerà nuovamente con l’Expo 2015.
Ma tu sei romano, quindi permettimi una domanda: cosa ti piace e non ti piace di Roma?
Una città in crisi, prevalentemente dal punto di vista di viabilità e vivibilità. Come lo era anche nei decenni precedenti. Anche se oggi, vivendo ormai a Velletri per portare avanti il progetto di mio padre del ristorante “La Tognazza”, che ormai occupa il 50% del mio tempo, quando torno a Roma avverto meno caos: credo che ci si sposti soltanto quando serve veramente, forse stanno cambiando le abitudini dei romani, o forse è un effetto della crisi. Eppure la vedo più vivibile. E’ indubbio che sia meravigliosa, sempre, ma potrebbe essere molto più viva, sia da un punto di vista organizzativo, che da un punto di vista culturale.
Immaginando una passeggiata capitolina in notturna, quali tappe preferiresti?
Piazza Navona, Fontana di Trevi… è banale fare certi nomi. Come è ovvio che quartieri come Trastevere e Campo dei Fiori, più ricchi di vicoli e anfratti, siano bellissimi in quanto rispecchiano quelle suggestioni della Roma più antica. Ma da San Saba al Gianicolo, è una città, per la sua bellezza, ti sorprende sempre.