Il diritto delle donne allo studio è purtroppo una battaglia ancora attuale in molti paesi del mondo, tanto che l’ultimo premio Nobel per la pace è stato dato ad una ragazza che si prodiga proprio per questo. Eppure già nel 1650 c’era chi aveva il coraggio di esprimere un pensiero per l’epoca tanto rivoluzionario, ed era una suora messicana, Sor Juana Inés de la Cruz.
Considerata per molti versi la prima femminista del Nuovo Mondo, delle Americhe, terre dove i colonizzatori europei stavano imponendo le proprie regole e il proprio dominio, incluse le cariche religiose e con esse le tradizioni secolari. Da un nobile spagnolo e una donna creola nacque nel 1651 (data non certa) Juana, figlia illegittima e pertanto immediatamente abbandonata dal padre e affidata alla madre. Crebbe nella tenuta dei nonni, e sin da piccola manifestò una particolare predisposizione allo studio, divorando la vasta libreria che aveva a disposizione. Imparò a scrivere, a parlare altre lingue (tra cui l’azteco, il greco e il latino), si interessò di metafisica ed prima della pubertà aveva già un bagaglio culturale assolutamente enorme per l’epoca, e soprattutto per essere una ragazza. Da alcune testimonianze emerge la figura di una ragazzina prodigiosa, di incredibile capacità mnemoniche e immense conoscenze letterario-filosofiche.
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Decise che il suo desiderio nella vita era studiare, conoscere, imparare, ma l’università era ad appannaggio esclusivamente maschile: volle provare ad iscriversi fingendosi un uomo, ma la madre si oppose. Giunsero quindi al compromesso degli studi privati. Per un periodo fu dama di compagnia presso uno dei salotti culturali più ferventi del Messico, quello della viceregina ed Leonor Carreto, moglie del viceré Antonio Sebasti Marquis de Manceravista, in cui approfondirà la conoscenza della teologia. A diciott’anni prese i voti, conscia che quello era l’unico ‘mestiere’ per lei possibile in quanto sola prospettiva che le avrebbe permesso di continuare a studiare. Nel frattempo si cimenta con la scrittura, e comincia a realizzare le prime opere in versi, le poesie, le commedie e i sonetti che la renderanno una delle più importanti autrici messicane di sempre, e uno dei nomi di spicco della letteratura barocca.
Ma non sono solo la capacità di scrittura e la vastissima produzione che l’hanno resa famosa (tanto da figurare oggi sulle banconote messicane): Sor Juana Inés de la Cruz scrisse opere che per l’epoca, e per una religiosa, erano al limite dello scandaloso. Innanzitutto si trattava di scritti che coniugavano la teologia con il razionalismo, convogliando la fede e la ragione in un unico pensiero. Ma soprattutto si permise di difendere la parità dei sessi in poemi come Redondillas, e criticare esplicitamente il sessismo in Hombres Necios (Uomini Ignoranti), con tanto di analisi sulle contraddizioni etiche e morali della società in cui viveva. Le sue posizioni politico-sociali scontentarono gli alti ranghi della chiesa, e venne accusata dal vescovo di Puebla, Padre Vieyra, di dedicarsi troppo agli studi profani e di disinteressarsi alle Sacre Scritture, dimostrando scarsa devozione. La risposta al vescovo, che l’aveva accusata pubblicando un pamphlet sotto lo pseudonimo di Sor Filotea, diventerà un’opera ancora oggi in stampa e che la letteratura femminista considera un caposaldo: la sua Respuesta a la muy ilustre Sor Filotea de la Cruz, è un appassionato manifesto sui diritti delle donne all’educazione, sull’importanza dell’istruzione, sulla possibilità di poter essere donne e anche intellettuali, e nel suo caso suore ma anche erudite.
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Sor Juana morì a Città del Messico nel 1695, ma è soprattutto nel ventesimo secolo che diventa una figura importante della letteratura, grazie agli autori di lingua spagnola della ‘generazione del ‘27’ e con l’avvento del femminismo e degli studi sulle donne la sua fama postuma crebbe notevolmente, tanto da essere considerata la prima femminista del Nuovo Mondo.