«Bollettino KLIF da Dallas: A quanto si dice, tre colpi d’arma da fuoco sono stati indirizzati al corteo del Presidente Kennedy oggi in centro città. Radio KLIF sta appurando le numerose notizie: restate sintonizzati».
Era il 22 novembre 1963, un venerdì, quando a Dallas, in Texas, alle 12:30 ora locale, John Fitzgerald Kennedy, trentacinquesimo presidente degli Stati Uniti d’America, fu ferito mortalmente da colpi di arma da fuoco, sparati dall’operaio, attivista ed ex militare Lee Harvey Oswald. Che fu a sua volta ucciso, due giorni dopo, da Jack Ruby, prima del processo. Quando il Presidente fu colpito, si trovava con la moglie Jacqueline, con il governatore John Connally e la moglie Nellie, a bordo della limousine presidenziale nella Dealey Plaza.
E fu subito confusione, ancor prima che la morte fosse annunciata. Essendo periodo di guerra fredda, la situazione era delicata e allarmante. Prima lo sdegno, poi la rassegnazione, infine il ricordo: al termine dell’autopsia la salma fu trasportata alla rotonda del Campidoglio in Washington dove per tutto il giorno e la notte, centinaia di migliaia di persone resero omaggio al presidente. Era il 25 novembre 1963 quando il funerale richiese il lutto nazionale. Mentre tutto il mondo sprofondava in un silenzio di dolore.
La sua breve presidenza, partita nel 1960, fu segnata, anche grazie a lui, da alcuni eventi che hanno cambiato il mondo: la Crisi dei missili di Cuba, l’abbattimento del Muro di Berlino, la conquista dello Spazio, gli antefatti della Guerra del Vietnam e le prime battaglie per i diritti civili degli afroamericani. Segnali, questi, che non possono non ridefinire JFK non soltanto un Presidente, ma un’icona di costume internazionale, un simbolo di un mondo migliore, un mito intriso di mistero.
Sono ancora tanti i dubbi, infatti, sull’omicidio che cambiò la storia americana, e non solo. La Commissione Warren concluse che l’assassino aveva agito da solo; tuttavia, nel 1979, la United States House Select Committee on Assassinations dichiarò che potesse esserci una cospirazione. E se a distanza di 51 anni, mezzo secolo, ci si interroga ancora sulle ragioni e sulle cause, vuol dire solo una cosa: Kennedy è ancora qui, amato dal suo popolo, dall’America, dalla Storia mondiale.