Cosa mi metto oggi? Un abito di latte, un pantalone di alghe, una giacca di fondi di caffè. E magari un cappello di legno e se fa freddo un foulard di ananas. No, non è il guardaroba degli elfi, ma l’ultima frontiera delle fibre naturali. Ben più di lino e cotone organici, ormai superati: la moda nuova nasce dalle sostanze più strane.
Sta avendo un successo incredibile l’invenzione della biochimica tedesca Anke Domaske, divenuta fashio-designer grazie ai suoi abiti… di latte. Latte scaduto, latte andato a male, che viene lavorato fino a diventare un filato con proprietà tattili simili alla seta ma lavabile come il cotone, e rigorosamente anallergico. Non si tratta del primo esperimento in questo senso, ma il processo includeva pensanti sostante chimiche, mentre Anke Domaske è riuscita a convertire l’intero svolgimento di ‘trasformazione’ in eco-friendly. La sua linea MCC (Mademoiselle Chi Chi) sta avendo un discreto successo e qualche star – come Micha Barton – se ne è già innamorata.
Dal latte… al caffè: da Taiwan arriva il tessuto che imbastisce le fibre con i rimasugli della polvere di caffè. Proprio quelle che rimangono nella caffettiera e di solito buttiamo. Il materiale che nasce da questo processo ha delle caratteristiche notevoli, come il coprire gli odori, proteggere dai raggi UV e un’asciugatura rapidissima, potrebbe essere l’ideale per capi sportivi quindi.
Jules Verne ci ha visto giusto quando immaginando il mondo di ‘Ventimila leghe sotto i mari’ immaginò che la ciurma del Nautilus impiegasse i prodotti del mare per fare tutto, anche i vestiti. Il tessuto del secolo nasce infatti dalle alghe, si chiama Seacell, e gode dei benefici di questi elementi marini: pare infatti si sia rivelata una stoffa antinfiammatoria. Prodotto aggiungendo la cellulosa di alga alle fibre vegetali, gode di una resistenza considerevole.
A proposito di cellulosa, un pantalone di legno potrebbe abbinarsi bene alla giacca in alga? Probabile, se si tratta di Lenpur, un materiale che nasce dalle migliori fibre di cellulosa ricavate dal tronco di alberi selezionati. Non è un’arte innovativa, perché in Giappone per esempio viene praticata da secoli, ma anche la fibra che si ricava dalle foglie e dal fusto di banano è ottima da tessere, e nel paese del Sol Levante viene utilizzata da secoli come versione economica del cotone. E per finire la macedonia di tessuti, si sta affacciando sul mercato la fibra di ananas, ancora in fase di sperimentazione ma pare dia ottimi risultati.
Infine, un materiale di certo meno poetico e che può far arricciare la bocca, ma pare valga la pena andare oltre le apparenze: Alexandra Guerrero, una stilista cilena, ha mescolato i mozziconi di sigaretta alle fibre di lana. Il risultato è strabiliante, morbido, soffice e caldo, e, ovviamente, non puzza!