C’è un fattore di discriminazione sul luogo di lavoro che raramente viene preso in considerazione, eppure, stando al 9° barometro di Défenseur des Droits, realtà francese che si occupa di difesa dei diritti, è frequente e radicata: l’obesità limita l’accesso al lavoro. Secondo lo studio condotto con la collaborazione di OIT (Organisation international du travail) il fattore dell’apparenza fisica rimane un criterio importante per vedersi aprire le porte ad un nuovo impiego. In particolare il peso è un discrimine importante, specialmente per le donne, tanto quanto l’età; al sovrappeso è associata la mancanza di autocontrollo, e dal punto di vista del lavoro diventa un freno all’evoluzione professionale anche a causa della potenziale incapacità di integrazione con i colleghi. Il barometro indica che il 79% dei soggetti intervistati (998 persone disoccupate tra i 18 e i 65 anni) afferma di sentirsi giudicato sul piano estetico quando si presenta ad un colloquio, e l’83% delle donne è convinta che l’apparenza conti sull’impressione che si fa.
La ricerca non si basa solo sulla questione del peso, ma prende in considerazione anche altri fattori, come l’abbigliamento, l’acconciatura, il trucco, la presenza di tatuaggi, e tutti quegli aspetti di una persona che sono esclusivamente legati alla sua estetica. La questione del peso appare più discriminante delle altre perché non cammuffabile o modificabile, perlomeno non in tempi brevi, afferma Défenseur des Droits, e visto che il mondo del lavoro continua ad essere intrinsecamente legato a tematiche di genere ancora non risolte (iniquità retributiva, divario nella possibilità di avanzamento di carriera, discriminazione delle donne in età potenzialmente materna, colloqui dai toni inappropriati), non è strano che ad essere più colpite dai pregiudizi legati alla forma fisica siano le candidate di sesso femminile. Il tutto inserito in un contesto sociale in cui la magrezza è l’aspirazione massima del canone estetico.
In Francia una legge introdotta 15 anni fa vieta esplicitamente di discriminare le persone per l’aspetto fisico sul luogo di lavoro – ma anche per l’orientamento sessuale, per l’età o per la provenienza sociale e una serie di circa 20 criteri. Ma la difficoltà nel provare ad un tribunale che non si è ottenuto un lavoro a causa del proprio aspetto fisico ha reso i confini della legge labili, e soprattutto la normativa inapplicabile. Come sapere con certezza se una persona è stata giudicata dall’apparenza anziché per le sue capacità? L’indagine condotta dall’istituto francese si basa su questionari e sulle risposte dei soggetti in cerca di lavoro, riflettendo quindi una loro impressione personale, ma propone anche alle imprese e ai datori di lavoro di sottoporsi a test di oggettività, trasparenza e tracciabilità dei criteri di selezione del personale. Decostruire gli stereotipi e smantellare pregiudizi legati all’aspetto esteriore è uno dei primi obbiettivi di Défenseur des Droits.
D’altra parte, di ‘obesity penalty’ aveva già parlato lo scorso anno Adpt, associazione che promuove studi nell’ambito del lavoro, sottolineando però anche un altro fattore: l’obesità è effettivamente legata a maggiore assenteismo e minore produttività sul luogo di lavoro. Diverse ricerche attestano che all’eccessivo peso si associano condizioni di salute precarie, maggior rischio di malattie professionali – legate ad esempio alla postura o a lavori potenzialmente traumatici per il fisico, nonché complicazioni connesse allo stato psicologico.