“Non ho mai trovato il compagno che mi facesse così buona compagnia come la solitudine”, proclamava il filosofo Henry David Thoreau. Ma il sentimento di abbandono quando degenera in disagio, specialmente nelle persone non più giovani, può aumentare il rischio di mortalità fino al 14%, uccidendo due volte di più rispetto all’obesità e allo stesso modo di basse condizioni socio-economiche.
Questo il risultato raggiunto da una recente ricerca sul tema, “Rewarding Social Connections Promote Successful Ageing”, studio condotto da un pool di scienziati di Chicago guidati dal Dottor John Cacioppo e presentata al pubblico lo scorso weekend. Secondo gli esperti sentirsi isolati dagli altri provoca sensibili carenze di sonno, pressione sanguigna elevata, eccesso di cortisolo e sintomi depressivi. Un quadro di certo poco entusiasmante che oltre a fotografare una possibile condizione di disagio umano, traccia tre linee guida per sviluppare una salutare relazione con gli altri che si configuri come un potente deterrente contro la solitudine.
Costruire connessioni intime. Avere qualcuno nel proprio panorama di affetti che sia in grado di affermare e descriverci con chiarezza. Costruire connessione relazionali. Fare in modo di sviluppare relazioni faccia a faccia che siano reciprocamente soddisfacenti. Costruire connessioni collettive. Realizzare rapporti che si sviluppino all’interno di un gruppo sociale oltre a quelli che regolano l’esistenza individuale. Infine Cacioppo chiarisce una precisa distinzione tra la solitudine effettiva, che può coincidere con la volontà di passare del tempo da soli, e quella percepita; sarebbe quest’ultima, quando vissuta in maniera passiva, a essere potenzialmente distruttiva per il benessere individuale.
