Icona hippie, interprete elitaria, bersaglio di un’Italia castigatrice di costumi e infine rappresentante della canzone italiana nel mondo. Patty Pravo è un prisma in costante evoluzione, ma sempre fedele al mito di una libertà che rifiuta la schiavitù del successo a tutti i costi.
La sua storia inizia 60 anni fa a Venezia, dove Nicoletta cresce tra bon ton alto-borghese e fermenti culturali. L’imprinting è contraddittorio: un’educazione d’altri tempi che cela una precoce indipendenza. Già alle elementari, infatti, scappa dal collegio e si “conquista” la scuola pubblica. Frequenta il Cardinale Roncalli (futuro Papa Giovanni XXIII), studia pianoforte, danza e si appassiona al solfeggio. A 10 anni, è già al Conservatorio, che segue con successo fra un tè da Peggy Guggenheim ed un gelato con Ezdra Pound. Ancora sedicenne, abbandona tutto per recarsi a Londra e poi a Roma, attratta dall’aria febbrile dei ‘60 capitolini.
In pochi mesi è “la ragazza del Piper”, il night più trendy della capitale, rappresentante di una gioventù lanciata verso la libertà dei costumi. Diventa Patty Pravo, nome ispirato agli inferi danteschi, identificandosi con un modello di donna scanzonato e maledetto.
“Ragazzo triste”, brano d’esordio, è anche il primo pezzo pop in onda su Radio Vaticana. Seguono altri successi che la trasformano in un manifesto di vita. I giovani ne imitano il look trasgressivo e le femministe la eleggono icona della lotta contro il pensiero maschilista. Lei rifiuta i canali di diffusione tradizionali, rivolgendosi direttamente ai fan in spettacoli sperimentali e multiculturali.
Gli anni trascorrono sulle note di “Pazza idea” e “Pensiero stupendo” e, mentre conosce la falce della censura per aver menzionato la pillola anticoncezionale in “Quale Signora” (’78), si evolve verso tonalità più raffinate, enfatiche e severe. È già oltre, troppo avanzata per essere capita da un’Italia che soffre di provincialismo. E così vola in America dove sposerà il musicista Paul Martinez.
Al rientro, San Remo 84 accoglie una Patty nuovamente cambiata. Nel brano “Per una bambola” non c’è più traccia del caratteristico vibrato vocale ed il look orientale, firmato Versace, conquista il premio della critica. Mentre il mondo gay, alle prese con uno dei decenni più omofobici del secolo, ne apprezza stravaganze, coraggio e trasgressioni.
Ma il gap tra critica e masse è profondo e gli 80 la vedono ricadere dall’altare alla polvere. Lei non scende a compromessi e, a San Remo 90, rifiuta il brano “Donna con te” giudicandolo infedele a se stessa. Il 92 è ancora scandalo: Patty viene arrestata per possesso di sostanze stupefacenti e portata nel carcere romano di Rebibbia. Quando, ammanettata, fa il suo ingresso nel braccio femminile, le detenute la salutano, intonando in coro “Ragazzo triste”.
Nel ‘97 torna in vetta, grazie a Vasco Rossi che le regala “E dimmi che non vuoi morire”. L’Ariston esplode: il pubblico non l’ha mai dimenticata. Ricominciano i concerti, le tounée senza prove in cui, dal rock al pop, riunisce 4 generazioni. Ad ottobre debutta nella scrittura. La sua autobiografia, edita da Mondadori e stilata con il giornalista Massimo Cotto, è ironicamente intitolata “Bla, bla, bla… ”. Pagine che raccontano successi e delusioni di un talento variegato che ha saputo reinventarsi incessantemente.