Social network-entusiasti, e Instagram- dipendenti lo sostengono giornalmente; Facebook, Instagram e compagni, rappresentano oggi i principali luoghi della socializzazione tra individui. Internet non è tuttavia un paese per tutti. Alla luce del furto delle foto private delle star e le recenti minacce rivolte a Emma Watson su 4Cha, dopo che l’attrice ha pronunciato un discorso convincente e a favore della parità di genere alle Nazioni Unite, si comprende come i tanto amati social network possano essere un luogo decisamente ostile al dialogo e alle relazioni positive tra gli utenti. E non solo per gli episodi di misoginia e cyberbullismo.
Secondo la creatrice di Women.com, un altro problema affliggerebbe le conversazioni online rendendole meno sincere e trasparenti. Infatti gli utenti, sapendo di essere osservati da un numero elevato di persone, amici, conoscenti, mariti e altri membri della comunità virtuale, sarebbero privati di una certa libertà di espressione e tenderebbero a postare argomenti e comportarsi secondo i soliti stereotipi che gravano sulla testa del genere femminile e maschile. Ancora una volta insomma reale e virtuale non coincidono.
Per questo motivi, Susan Johnson, ex marketing manager di Facebook ha pensato di creare il primo social network tutto al femminile che non accetta maschi all’interno della propria cerchia. Il progetto nasce con l’idea di creare uno spazio virtuale dove le donne possano sperimentare lo stesso livello di intimità provato durante una chiacchierata con le amiche. Gli uomini, nemmeno a dirlo, ne sono esclusi. In particolare il social network funziona come una grande comunità nella quale gli utenti pongono domande e ricevono risposte senza nessuna mediazione. All’interno, si discute di argomenti banali ma si richiedono anche consigli su tematiche più serie, come per esempio la gestione di un tradimento da parte del proprio marito.
Anche se l’esperimento sembra interessante, c’è da chiedersi se questa fuga dai social network tradizionali, vista anche la creazione di Netropolitan, il primo social per i ricchi, che prima hanno incluso l’intera comunità globale rendendola più accessibile a chiunque, e ora sembrano volerne restringere l’accesso secondo categorie predefinite, rappresenti un passo in avanti verso il miglioramento sociale di alcune categorie di persone oppure no. In questo senso c’è chi guarda con successo all’esperimento come esempio di comunità pacifica e protetta, chi invece pensa che il social network così concepito rappresenti una sorta di auto-ghettizzazione che non giova alle cause femministe e che trasforma lo spazio virtuale in un riflesso della società come pachiderma meno mobile e socialmente più diseguale.