Il conto al momento della redazione di questo articolo arriva a 356, ma è probabile che nel momento in cui verrà pubblicato e letto il numero sarà cresciuto di diverse unità, se non decine. Questa cifra corrisponde al numero di un fenomeno figlio dei nostri tempi in tutto e per tutto, le Social Streets, gruppi di concittadini che abitano nella stessa via e che si riuniscono su Facebook per scopi utili.
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Quali? Aiutarsi a montare un mobile. Fare car-sharing. Sistemare un computer. Regalare un divano che non si usa più. Far incontrare i bambini per giocare. Condividere la connessione Internet tra abitanti dello stesso pianerottolo. O semplicemente vedersi per un caffè. L’idea delle Social Streets nasce perché gli abitanti della stessa strada possano condividere, aiutarsi, socializzare, anche in realtà ben lungi dal paesino di campagna in cui ci si conosce tutti. In città non è per nulla scontato il fatto di conoscere il proprio vicino, e così ci si ritrova senza sapere a chi chiedere il più semplice dei favori (‘mi presta un cavatappi?’) o ignorando a chi poter regalare qualcosa che non ci serve, ma che farebbe sicuramente comodo a qualcun altro. Se la sera non parte l’automobile perché la batteria è scarica, basterà postare un messaggio sul proprio gruppo e attendere che qualcuno arrivi con i cavetti. Magari la volta dopo chi è stato aiutato porterà un dolce appena sfornato a chi è stato d’aiuto, o interverrà la prossima volta che sarà necessario. Rapporti di buon vicinato 2.0 insomma.
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L’idea nasce nel 2013 con il gruppo dei ‘Residenti in Via Fondazza’ a Bologna, e da allora il network si è allargato a dismisura, arrivando a più di 350 gruppi tra le città italiane ma anche qualcuna all’estero (Svizzera, Austria, Brasile). Lo scopo è sempre quello di instaurare legami nel vicinato in modo da scambiarsi professionalità e competenze quando necessario, condividere interessi, portare avanti piccoli progetti di utilità collettiva. Si trae beneficio dalla capillare diffusione dei social network per creare un circolo virtuoso ma non virtuale: gli ‘amici’ del gruppo sono reali e abitano tutti vicini.
Chiunque lo può fare, basta aprire un gruppo Facebook chiuso in cui i partecipanti abitano nella stessa via (o in un luogo geograficamente delimitato), pubblicizzarlo, e segnalarlo a socialstreet.it per entrare a far parte della rete. Sul sito ci sono i consigli su come avviare e gestire il gruppo, occorre per esempio un moderatore, una sorta di ‘cda’ che valuti se gli annunci hanno pubblica utilità e via dicendo. L’iniziativa riscuote sempre più successo e chi fa parte dei gruppi ne è molto entusiasta, ma una riflessione sorge spontanea: quando abbiamo cominciato ad avere bisogno di Facebook per aiutarci tra vicini di casa? E’ evidente che i rapporti umani sono cambiati, e il successo di questa iniziativa bella e interessante lo confermano.