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Peter Jackson: Il mio destino nella Terra di Mezzo

Intervista esclusiva al regista de Lo Hobbit, tornato al mondo di Tolkien dieci anni dopo Il signore degli anelli

Peter Jackson

Londra – “In un certo senso è stato il destino a portarmi dietro la
macchina da presa per dirigere Lo Hobbit” – così dice Peter
Jackson quando ci accoglie nella stanza di un hotel super lusso a pochi passi
da Oxford Street, nel giorno in cui il suo film – primo di una
nuova trilogia tratta dalla letteratura di Tolkien – sbarca in
Europa attraverso i cancelli della City.

I suoi attori lo descrivono come “un tipo poco espansivo e molto
rilassato, che senza preavviso è in grado di passare al cento per
cento di energia ed entusiasmo". Molti ne decantano perfino le doti
attoriali, altri invece lo paragonano esattamente al protagonista del
suo film. Bilbo Baggins ringiovanito di sessanta anni per fare il
pieno di avventura nella Terra di Mezzo. Comincia proprio con questo
paragone la nostra intervista esclusiva al regista:


Peter puoi dirmi una caratteristica positiva e una negativa che hai in
comune con Bilbo Baggins? Sei pigro come lui all’inizio del film?
Non direi che lui è un pigro. Piuttosto questa è la cosa positiva:
adora casa sua con tutti i comfort e lì si sente al sicuro. Quindi
sì, in questo sono come lui. Come caratteristiche negative, invece,
anche io sono sospettoso verso la gente: per questo non mi sono mai
trasferito a Hollywood. I miei film li ho sempre girati in Nuova
Zelanda, a casa mia.

Dirigere o non dirigere Lo Hobbit? Questo è il problema”. Immagino che te
lo sia chiesto tanto e che abbia passato notti in bianco sotto il
peso di questa decisione. Esitavi a tornare a qualcosa che avevi già
fatto?
Quello è anche un po’ di superstizione: avrei di nuovo avuto lo stesso
successo de Il signore degli anelli? Queste sono sensazioni che ho
provato all’inizio della stesura della sceneggiatura, quando sapevo
che mi sarei limitato a produrre il film. Dopo due anni e tanti
ritardi di produzione, mi sono innamorato nuovamente di questa storia
e delle sue possibilità. Mi piacevano gli aspetti comici e lo humour
de Lo Hobbit. Questo non è Il signore degli anelli parte quarta, è
una storia a sé. D’un tratto non volevo che nessun altro lo
dirigesse al posto mio.

Hai parlato di superstizione. Sei un tipo superstizioso? Hai qualche
rituale prima di girare?
Sono superstizioso, ma non ho rituali. Sono un po’ sciocco lo so. Credo
nel destino e che le cose accadano senza che tu possa farci nulla.
Come ti dicevo, è destino che io sia finito a dirigere Lo Hobbit,
non ho mai voluto intervenire su questo, ma tutto è accaduto per una
sequenza di avvenimenti. Eppure il destino con me è stato sempre
gentile: non so il perché, però sento che si prende cura di me.



Una volta a Roma mi hai detto che prima di girare un film, torni sempre a
Quei bravi ragazzi di Scorsese per trovare l’ispirazione. Come mai
quel film?
Da regista spesso puoi sentirti bloccato. Ti chiedi: “Sto facendo un
buon film?”. Dirigere vuol dire vedere il film nella tua mente.
Quindi dubiti. Ecco perché vedo i film che mi hanno ispirato. Quelli
di Scorsese come Quei bravi ragazzi o Casinò. D’un tratto ti rendi
conto di quanto un regista possa essere visionario e vuoi essere come
lui.

Recentemente ho chiesto al tuo amico Guillermo del Toro qual era il poster che
aveva in camera da ragazzino. Lui è stato sincero: nonostante tutte
le sue passioni nerd, mi ha detto che aveva anche un bel poster di
Farrah Fawcett. E tu invece?
Non ho mai avuto la Fawcett. Però avevo James Bond, e anche Raquel Welch
in Un milione di anni fa. Ma ti dico la verità, quel poster ce
l’avevo soprattutto per i dinosauri! Certo anche per Raquel…

Lo Hobbit è distribuito nei cinema dalla Warner Bros.


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