L’attrice lotta contro il morbo nel suo ultimo film
Cosa rimane dell’identità personale una volta che una terribile malattia, incurabile, progressiva, fa smarrire il senso dei ricordi e del presente?
Julianne Moore in Still Alice, presentato oggi a
Roma, prova a rispondere alla questione vita dopo che una diagnosi di Alzheimer interrompe il normale flusso delle aspettative reali.
La splendida attrice dalla chioma rosso fuoco, si cimenta questa volta in un film impegnato tratto dall’omonimo bestseller americano della neuroscienziata Lisa Genova. Un ruolo delicato che ha fatto entrare l’attrice nel microcosmo delle 36.000 persone che soffrono oggi nel mondo della tristemente celebre demenza presenile. Wash Westmoreland, co-regista della pellicola, a Roma per presentare il film, ha spiegato il lavoro intenso della Moore per prepararsi al ruolo di Alice: “Julianne è andata ai gruppi di sostegno, ha consultato medici come una fosse paziente, e in questo modo ha creato una speciale connessione con la storia. Si è calata nel personaggio come fosse una donna della sua età malata e in questo modo è riuscita a creare una performance complessa”.
La stessa storia della genesi del film è un intreccio bello e complicato che ha come protagonista lo stesso Westmoreland insieme a Richard Glatzer. Nel 2011, quando al duo viene proposto l’adattamento del romanzo, la coppia ha appena ricevuto una notizia tremenda. A Blazer è stata infatti diagnosticata la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Il caso insomma, ha voluto che una malattia invalidante come l’Alzheimer, che ha dei punti in comune con la Sla, fosse il punto di congiunzione più intimo con la storia di
Alice Howland.
Julianne Moore interpreta una professoressa di Linguistica presso la Columbia University di New York. Nel pieno della propria carriera professionale, la Dr.ssa Howland comincia ad avere dei lapsus di memoria e dopo una girandola di visite, pareri di esperti e analisi, arriva in poco tempo la diagnosi di Alzheimer. Non è la prima volta che l’attrice di origini scozzesi interpreta una personalità femminile dalle molte sfaccettature; in questo caso però la sfida è stata doppia, quasi tripla.
La Moore ha dovuto studiare il personaggio della Dr.ssa Howland, ed essere contemporaneamente diretta da Richard Glatzer, che a causa della Sla ha perso la capacità di parola. Blazer ha infatti diretto il film comunicando con gli attori attraverso un’app speech e con l’aiuto del co-regista e compagno Westmoraland. Una prova impegnativa per l’attrice, che ha fatto esclamare a Westmoraland in occasione della conferenza stampa romana: “Credo che Julianne sia la più grande attrice americana a non aver mai vinto un Oscar”.