La pratica del tatuaggio ha origini antichissime, risale addirittura all’epoca preistorica, ed è sempre stata diffusissima tra centinaia di culture indigene nel mondo. Eppure in Occidente la cultura giudico-cristiana l’ha bollata, demonizzata in quanto pratica da ‘selvaggi’, fino a farla diventare una prassi clandestina. Di conseguenza il valore del tatuaggio acquisì un significato sempre più ribelle, che indicava una chiara opposizione all’ordine, al potere, alla sottomissione politico-religiosa. Se a questo preambolo aggiungiamo tutti i tabù che hanno sempre avvolto il corpo femminile e più in generale il ruolo della donna, si ottiene un mix esplosivo: è proprio ai ‘Corpi sovversivi’ delle donne tatuate che Margot Mifflin ha dedicato numerosi studi, convogliati nel volume edito in Italia da Ultra Edizioni.
In ‘Corpi Sovversivi’ la scrittrice e docente della City University of New York raccoglie oltre 200 immagini straordinarie che raccontano il rapporto tra donne e tatuaggio in tutte le epoche. Donne tatuate e tatuatrici, circensi e galeotte, mistiche e rockstar, artiste borderline e insospettabili professioniste, accomunate dalla volontà di usare la propria pelle come una tela su cui esprimere indelebilmente la propria individualità.
Immagine: Jo Harrison
Nella seconda metà del 1800 le donne tatuate si esibivano nei circhi, nei freak show, mostrando il loro corpo ricoperto di disegni. Pioniera in questo senso fu Nora Hildebrandt, la quale sfoggiava 365 tatuaggi, uno per ogni giorno dell’anno, dei quali raccontava la storia truce: un rapimento da parte degli Indiani d’America, che la torturarono legandola ad un albero per un anno intero e costringendo il padre, tatuatore, ad eseguire un disegno al giorno sul corpo della figlia. In realtà questa storia faceva parte del suo spettacolo, in verità il padre la tatuava veramente, ma di sua spontanea volontà. Egli, tatuatore professionista, tra un marinaio e l’altro praticava la sua arte sul corpo della figlia. Altra storica ‘tattoed lady’ fu Irene Woodward, anche nota come Irene La Belle. Nel 1900 fu Betty Broadbent (FOTO ARTICOLO) la leggenda tra le donne tatuate, che sfidò il perbenismo della società dell’epoca presentandosi al concorso di Miss America. E non possiamo dimenticare la leggendaria Mrs.Maud Stevens Wagner.
Immagine: Saira Hunjan
Ma se queste donne facevano parte di un mondo a parte, quello dei freak, degli artisti, dei circensi, è stata Elizabeth Weinzirl a portare per la prima volta il tatuaggio nel mondo femminile ‘per bene’. Moglie di un dottore, ha cominciato a farsi tatuare nel 1940 fino a riempire quasi interamente il corpo, facendosi fotografare in età avanzata, tanto da diventare famosa come la ‘Tattoed Granny’, la ‘nonnina tatuata’. Da allora l’inchiostro sulla pelle è scorso a fiumi, passando dalla controcultura degli anni ’60 e ’70 al punk, fino a trasformarsi in un’arte vera e propria e pian piano perdendo quei connotati ‘sovversivi’, anche grazie alle numerose star che la sfoggiano. Ma non del tutto, almeno non ovunque.
La copertina del libro
A tutte queste donne, e molte, molte altre, Margot Mifflin ha dedicato diversi studi, raccolti nel volume ‘Corpi Sovversivi’ ma anche ‘The Blue Tattoo: The Life of Olive Oatman’, la storia (vera) di Olive Oatman, rapita con la sorella da una tribù di nativi americani Mohave e tatuata sul volto e sulle braccia con i loro simboli, biografia leggendaria di un’eroina dimenticata.