Non ci stupiamo più di tanto quando Jared Leto afferma di non aver mai incontrato Matthew McConaughey sul set di Dallas Buyers Club. Ciononostante i due hanno girato fianco a fianco per diverse settimane. Dunque come mai Leto dichiara di non aver conosciuto il collega durante le riprese? Risponde l’attore di metodo: “Sul set sono rimasto nel personaggio anche durante le pause. Non ero più Jared, ero diventato a tutti gli effetti Rayon. Ho conosciuto Matthew soltanto mesi dopo, quando l’ho incontrato alla première di Toronto”.
Sullo schermo lo vediamo scheletrico con un pesante make-up addosso, parrucca e gonna nei panni del transgender Rayon. Dal vivo eccolo in versione zen. Look simile a Gesù Cristo, capelli lunghi lisci e barba. Gli occhiali da sole incollati al viso, sebbene qualche volta li tolga per guardare dritto negli occhi l’interlocutore. Sono più di cinque anni che Jared Leto è fuori dal giro cinematografico – un periodo in cui ha dedicato anima e corpo alla sua band, i 30 Seconds to Mars che in estate saranno di nuovo in Italia – questo suo ritorno però gli è valso tanti riconoscimenti: dopo il Golden Globe, infatti, Leto è attualmente in corsa per l’Oscar come migliore attore non protagonista. “Dopo tutti questi anni di assenza e di esperienza nella vita, so per certo di essere un attore più maturo oggi”.
Jared torni al cinema con un ruolo che ha richiesto veramente tanti sforzi. In primis quello di perdere più di quindici chili. Quanto è stata dura?
Parecchio. Volete sapere il mio segreto? È molto semplice: ho smesso di mangiare. È stato il mio unico esercizio. Ho preparato il ruolo in poche settimane. Non avevo tempo di seguire una dieta precisa, come ha fatto Matthew.
Se sono state poche settimane, mi chiedo quanto uno possa essere di pessimo umore o addirittura perdere la testa mentre si sottopone a questo digiuno totale…
Non lo consiglierei nemmeno al mio peggior nemico. Devi smettere di mangiare, devi solo bruciare più calorie di quante ne accumuli. Tutto cambia. Dal modo in cui cammini a quello in cui parli e perfino al modo di pensare. Diventi più fragile. Nell’animo.
Dunque sei uno di quegli attori che se non soffre non può fare del suo meglio?
Penso che un po’ di sofferenza debba accompagnare l’intero processo. Soffrire non è sempre una cosa negativa: può essere un sinonimo per l’impegno. Preferisco comunque il termine “sacrificio”. Se non rinunci a qualcosa vuol dire che non lavori sodo.
Mi chiedo quale metodo tu abbia adoperato in passato quando hai interpretato le scene di lotta in Fight Club…
(Ride) Ci siamo pestati a vicenda per tutto il tempo! Io e Brad Pitt ci siamo dati tante di quelle botte! A dire la verità non è stato difficile quella volta. Era un piccolissimo ruolo. Invece sul set di Dallas Buyers Club ho vissuto uno dei ruoli più difficili di sempre. Direi che i personaggi di Requiem For a Dream, Chapter 27 e Dallas Buyers Club sono stati i più difficili della mia carriera. Perché hanno richiesto un impegno emotivo e spirituale oltre che un grande sforzo fisico.
A questo punto sono curioso di sapere cosa dici ai tuoi amici quando vengono a trovarti nel periodo in cui stai preparando un ruolo prima di un film e sei totalmente nel personaggio…
Semplicemente dico loro che non sono i benvenuti in quel caso.
Tornando a Dallas Buyers Club, cosa hai scoperto sul tuo lato femminile? Quante versioni di Rayon hai preparato prima di andare in scena?
Ho scoperto che ho delle bellissime gambe! (ride) In realtà sapevo bene come era fatta Rayon. L’ho creata come la vedevo nella mia mente. Il make-up ovviamente è stato un processo di collaborazione. Però, detto questo, ho iniziato a manifestare alcune sensazioni che mi facevano sentire più donna. Avevo un mio rossetto preferito e ho scelto personalmente la parrucca. Tenere gli abiti e rimanere costantemente nel personaggio anche tra un ciak e l’altro mi ha certamente aiutato.
A proposito di rimanere nel personaggio per tutto il tempo. Hai avuto qualche strana esperienza nella percezione che gli altri avevano di Rayon?
Non ti nascondo che ci sono stai momenti in cui ho assistito a manifestazioni di omofobia. Ho capito che è provocata dalla paura. Di questo ne sono certo. Una volta, durante una pausa, sono andato a fare la spesa e la gente attorno mi guardava storto. Era uno sguardo di giudizio, della serie: “Che cos’è questa? Non mi piace affatto!”. È stata un’esperienza interessante.
Quanto sei rimasto legato al personaggio. Quanto le hai voluto bene?
Tantissimo. Perché ha tanto cuore. Lei ha delle qualità meravigliose: sarebbe facile innamorarsene perché è divertente, gentile, affascinante, e diciamolo bellissima sui tacchi! Però ti confesso che voglio sempre bene ai miei personaggi: anche quando ho interpretato Mark David Chapman, il tizio che ha ucciso John Lennon (nel film Chapter 27, n.d.r.) ho provato pietà per lui. Mi sono sentito male, perché comunque è un uomo fuori di testa. Perfino in Requiem for a Dream interpretavo un personaggio simpatico.
Un’ultima domanda: alla fine di ogni intervista chiedo sempre qual era il poster che avevi in camera da ragazzino…
Non avevo poster. Ero già fortunato ad avere appena quattro mura!
Dallas Buyers Club, in uscita il 30 gennaio, è distribuito da Good Films. Il film è nominato a sei Oscar.