Chiunque sia capitato almeno una volta a un concerto di Francesco Guccini sa che i primi versi della canzone “La locomotiva”, “non so che viso avesse…” segnano il saluto del cantautore emiliano al suo pubblico. Proprio quei versi danno invece il titolo, segnandone l’incipit, alla “quasi autobiografia” che Guccini ha appena pubblicato per Mondadori. A settant’anni il cantautore, tra i più amati in Italia, si è risolto a trarre qualche conclusione sulla sua vita da provinciale con lo sguardo aperto sul mondo intero.
E lo fa com’è nel suo stile, parlando di sé come se fosse un personaggio delle tante storie che si intrecciano e che i suoi fan scoprono di conoscere benissimo, perché le cantano da decenni. Si comincia da Pàvana, il piccolo paesino abbarbicato sull’Appennino tosco – emiliano, abbandonato da ragazzino ma sempre presente nei suoi ricordi e nel suo essere “montanaro di pianura”. Il mulino, la casa dei nonni, il fiume, gli amici: Pàvana, con i suoi abitanti, è stato anche lo scenario dei gialli scritti da Francesco Guccini assieme a Loriano Machiavelli.
E poi Modena, la città dell’adolescenza, delle prime scoperte, dei primi amori, dell’infatuazione per l’America, poco distante, collegata da una strada ideale che porta “dalla Via Emilia al West”. E Bologna infine, la “vecchia signora col seno sul piano padano e il culo sui colli”, la città d’elezione, provinciale anch’essa, rossa, con le sue strade e osterie di fuori porta, la mitica Via Paolo Fabbri 43, la casa che Guccini non ha mai cambiato.
Quest’autobiografia ha tutti i tratti della sua musica, delle sue canzoni: provinciali, minuziose nel descrivere micro – mondi, nel tratteggiare personaggi marginali e quasi invisibili, ma pronte ad accogliere, con ingenuità e un pizzico di megalomania, l’epica dei grandi racconti che hanno segnato il secolo scorso. Gli amori privati e quelli pubblici, la passione per i fumetti, per il cinema, l’amicizia con Luciano Ligabue, la semplicità di tradurre sentimenti, stati d’animo e storie magari lette sul giornale o recuperate da qualche vecchio libro polveroso in “classici” attraverso l’uso dell’ottava rima. C’è tutto questo nel libro, e qualcosa in più: una preziosa appendice in cui Alberto Bertoni parla delle canzoni di Francesco Guccini, cosa che lui, schivo fino alla timidezza, non è mai riuscito a fare troppo bene.
Un libro per tutti i fan del cantautore, ma anche per tutti quelli che hanno qualche curiosità sulla storia di un microcosmo del nostro paese che si allarga fino ad abbracciare l’America del rock e del viaggio di Colombo, ma anche della prigionia di Silvia Baraldini, Auschvitz innevata e ricoperta dai fumi dei forni crematori, Praga a primavera, la Mancha di Don Chisciotte, la Francia di Cyrano fino alla Genova di Piazza Alimonda.
Autore: Francesco Guccini
Titolo: Non so che viso avesse
Editore: Mondadori
Pagine: 225
Prezzo: € 18,00