La storia del Pakistan si intreccia con quella di tanti altri paesi, in modo più o meno scoperto, e ciò ne fa uno specchio per leggere il mondo contemporaneo. Quando poi il modo per capirne gli intrecci passa per una vicenda personale, l’emozione diventa più forte. La vita di Benazir Bhutto è il tramite per provare a capire un paese che ha vissuto e ancora vive una situazione complessa e a tratti misteriosa.
Il film diretto da Duane Baughman e Johnny O’Hara ripercorre tutta la vita di questa donna forte, dedita alla politica del suo Paese, tanto da farne la missione della sua vita, fino ad incontrare la morte. Cresciuta tra Harvard e Oxford, in un universo ovattato e felice, decise di tornare nel suo paese natio dopo gli studi universitari e di dedicarsi alla carriera politica dopo la tragica morte del padre, avvenuta in seguito ad un colpo militare che mise fine al governo democratico. D’improvviso il suo universo s’infranse, la battaglia per un Pakistan diverso iniziò.
I risultati da lei ottenuti furono incredibili: diventò Primo Ministro, cosa eccezionale per una donna, a soli trentacinque anni, nel dicembre del 1988 e successivamente nel 1993. Le accuse di corruzione la costrinsero a dimettersi, ma si dichiarò sempre innocente. Costretta all’autoesilio (durato otto anni), non lasciò mai il sogno di ritornare in Pakistan e battersi per una politica migliore. Solo l’uccisione, avvenuta durante un comizio nel 2007 con un attentato, riuscì a fermarla.
Il documentario è composto di interviste inedite al marito, ai figli e alla sorella, scoprendo anche il lato più personale della donna, e a scrittori e personaggi della politica che offrono un suo ritratto completo. La pellicola è resa ancora più preziosa dalla voce della Bhutto stessa che racconta le sue vicende personali in interviste inedite. Un’opera importante, che ha il sapore della tragedia greca, per la grandezza dell’eroina e per lo srotolarsi della sua vita, piena di intrighi, di lutti ma anche di vittorie.
In uscita nelle sale italiane il 5 novembre.