È stata la musa di Jean Pierre Jeaunet in “Amélie”, mitica fanta-commedia celebre in tutto il mondo: la storia della ragazza che ama risolvere i problemi altrui, ma che non riesce a sbrigare i suoi. Sono passati 8 anni e, ancora oggi, tutti identificano Audrey Tautou con quel ruolo: “Quel personaggio mi ha portato tante altre occasioni – ci racconta l’attrice – non ho mai avuto paura di rimanere prigioniera di Amélie… anzi, pecco un po’ di presunzione nel dirvi che se la gente mi identifica con lei, è proprio perché ho fatto un ottimo lavoro in quel film”.
Adesso con questo suo ultimo personaggio, potrebbe esserci una nuova identificazione. Nelle parole di Anne Fontaine, regista di “Coco Avant Chanel” la stilista è “la seconda icona francese insieme a Edit Piaf, e Audrey Tautou è fisicamente perfetta per impersonare Coco. Non avrei mai fatto il film senza di lei”.
Megaproduzione francese, firmata Warner Bros., la pellicola arriverà sui nostri schermi dal 29 maggio. Si tratta di un biopic che racconta un determinato periodo della vita di Gabrielle “Coco” Chanel: quello antecedente ai suoi giorni di gloria. Conosceremo questa personalità forte, una donna che è stata precursore di una nuova era. Dai club a luci rosse della Loira, alla campagna parigina, dove Coco si ritroverà tra due uomini che avranno un ruolo davvero importante nella sua vita.
“Coco odiava la moda dell’epoca, tutti quei corsetti, quei fronzoli, quei cappelli pieni di piume – continua Audrey Tautou – Voleva la libertà nei suoi vestiti, la libertà di movimento, quella di respirare, ed è così che è riuscita a creare abiti completamente diversi e comodi, che potevano permettere alle donne di camminare, fare sport, correre, andare a cavallo proprio come facevano gli uomini all’epoca. E’ per questo motivo che è diventata una icona mondiale, una femminista prima del tempo”.
Ci racconti del suo studio approfondito del personaggio…
“C’erano varie contraddizioni che hanno confuso la percezione che io avevo di Coco Chanel. Man mano che mi sono immersa nella sua vita, leggendo le opere che sono state scritte su di lei, mi sono trovata in difficoltà. Coco, infatti, era una persona che mentiva e nascondeva cose del suo passato, quindi le fonti non erano mai fin troppo chiare. Ho cercato di dimenticare tutto ciò che avevo letto e di immaginarla un po’. Pensavo a quella donna prima che diventasse un simbolo e mi affidavo al mio istinto. Non ho cercato di riproporla”.
Qual è il suo rapporto con la moda?
“È contrassegnato da una certa infedeltà! Non mi interessa particolarmente la moda e non sono un’esperta. Non so mai quali siano le ultime tendenze. E penso che se si è scelto di rappresentare nel film quel periodo della vita di Chanel è perché permetteva di raccontare com’è nata la sua moda e come fosse qualcosa di più profondo di un semplice accessorio”.
È riuscita a tenersi qualche costume di scena?
“No, nemmeno uno! Perché quelli fanno parte del museo Chanel e abbiamo dovuto restituirli. Ma mi sarebbe piaciuto tenere quella piccola giacca che ho indosso nella scena a cavallo, quella verde. E anche il cappello. Adoravo quei costumi!”
Lei è già testimonial di Chanel No.5: si tratta di un’operazione collegata al film?
“No, affatto. La mia partecipazione allo spot è totalmente indipendente dal film. Me l’hanno proposto quando ancora il progetto di Anne Fontaine era nelle sue fasi di sviluppo. Ho girato quello spot molto velocemente col mio amico Jean Pierre Jeaunet. La cosa più importante del nostro film, invece, è stata proprio avere il sostegno della Maison Chanel, e loro ne sono rimasti orgogliosi”.