Sono solo 300mila le anime di un’Islanda che, assegnando a Johanna Sigurdardottir l’incarico di formare il prossimo governo, impartisce un’importante lezione di senso civico al mondo della politica globale. Ex-Ministro degli Affari Sociali e ben tre volte Presidente in Parlamento, è la prima donna premier dichiaratamente lesbica della storia della politica mondiale.
Dopo il collasso bancario, quello della borsa e la conseguente impennata del debito estero, nell’isola si assiste al crollo della pubblica fiducia nei confronti dell’intero scenario politico islandese. E dall’ondata di proteste, coronata con le dimissioni del conservatore Geir Haarde, l’unica a salvarsi è proprio “Santa Johanna”. Il suo passato di politiche sociali a favore d’anziani, disabili e di tutte le minoranze bisognose, la rende candidata ideale, a “scortare” il paese fino alle elezioni anticipate d’aprile. Così, il Presidente della Repubblica, Olafur Ragnar Grimsson, interpretando i desideri di un popolo che la reclama al 73%, le affida il compito di sollevare la nazione e consegnarla nelle mani di un nuovo governo costituito da verdi e socialdemocratici.
La sua intenzione, fa sapere Johanna, è di lasciarsi ispirare dai valori sociali che da sempre la contraddistinguono, gli unici in grado di sistemare le falle, economiche e morali, ereditate dalla conduzione precedente. Per prima cosa nomina Steingrum Sigfussion, leader della coalizione Verdi-Socialdemocratici, ministro delle finanze. Poi annuncia di voler sostituire il governatore della Banca Centrale, considerato colpevole (insieme a Haarde) del tracollo della Corona, della nazionalizzazione dei tre gruppi bancari principali e della conseguente stretta su pensioni e risparmi, responsabile della rivolta cittadina.
66enne, madre di due figli avuti da un precedente matrimonio e dal 2002 legata ufficialmente alla giornalista Jonina Leosdottir, Johanna è protagonista di un evento storico per l’intero movimento omosessuale mondiale. Un vento nuovo, che soffia contro il muro del pregiudizio, creando un’altra breccia, da aggiungere a quella del tornado Obama. E sullo sfondo cinematografico di “Milk” (Gus Van Sant, ‘08), che riporta in auge la figura del primo politico statunitense apertamente gay (poi assassinato nel ’78 per mano di un omofono) ci si accorge che dagli eroici ’70 la storia del costume sociale realizza oggi le speranze più inconfessabili dei pionieri di allora. Ma se un tempo queste generavano paura, oggi non possono che accrescere l’entusiasmo che accompagna il graduale ed atteso cambiamento. E che forse spingerà l’Islanda, insieme alla sua mentalità civile, ad entrare entro due anni nel variegato crogiuolo di Eurolandia.