Hanno tra i 7 e i 12 anni, sono cittadine degli Stati Uniti, e secondo The American Journal of Maternal/Child Nursing, intorno ai 10 anni d’età, l’80 per cento coltiva il terrore di diventare grassa, mentre il 60 per cento del totale, pensa che l’industria della moda regali un’immagine irrealistica del corpo femminile. Buongiorno America, buongiorno future cittadine della Grande Mela, infanti di oggi e donne di domani. Dal 1 ottobre 2013, New York si sveglia tappezzata dai cartelloni della campagna promossa dal sindaco Micheal Bloomberg, il cui slogan, “I’m a girl, I’m beautiful the way I am”, è stato creato per diffondere una precisa iniezione di autostima nelle giovani ragazze, in totale contrasto con i modelli inarrivabili e troppo perfetti sostenuti dai media. Insicurezza, modelli di femminilità perfetta e stereotipata, possono causare disturbi alimentari, abuso di alcol, fumo e obesità, meglio quindi combattere i rischi fin dall’esordio nel mondo dell’adolescenza.
Il tema del ruolo della donna nella pubblicità, è sicuramente di grande importanza e rilevanza in tutto il globo, anche in Italia, paese non particolarmente all’avanguardia in temi di diritti femminili, dove recentemente la stessa Presidente della Camera Laura Boldrini, ha invitato pubblicamente i mezzi di informazione a correggere un’immagine della donna poco al passo con i tempi e troppo spesso oscillante tra tradizionalismo e uso eccessivo del corpo. Anche dietro il NYC Girl’s Project, non a caso, c’è una donna; Samantha Levine, press secretary del sindaco, impegnata in prima persona nell’educazione delle piccole New Yorkers, per una campagna massiccia che non manca però di suscitare qualche polemica.
Nel regno del politically correct, giornaliste, scrittrici e blogger, puntano il dito sui difetti dell’iniziativa. Infatti secondo Amanda Marcotte, scrittrice e blogger di Brooklyn, l’aggettivo “beautiful”, focalizza l’attenzione solamente sulle caratteristiche esteriori, fallendo l’obbiettivo della campagna. Secondo la Marcotte il cartellone così pensato, anche se aggiunge qualità come: “divertente, sana, intelligente etc..”, ha il difetto di sintetizzarle tutte nella parola centrale del claim: “beautiful”. Insomma l’importanza della bellezza fisica sembra esser penetrata talmente tanto in profondità nella cultura e nel linguaggio, da mistificare anche l’efficacia di una campagna pensata per promuovere altre forme di espressione dell’identità femminile. Questo dimostra, aldilà delle polemiche, che c’è ancora molta strada da fare verso l’emancipazione dai ruoli di genere e la conquista di nuovi ideali.