Non ci sono picchi di infelicità, ma nemmeno di gioia. Nessuna situazione di grave conflitto, ma nemmeno di trasporto. L’emozione è un lontano ricordo. L’abitudine è una sensazione, un meccanismo, una deriva molto comune nelle coppie di lunga data. Subdolamente si inserisce nella routine, nelle piccole mancanze, nella pigrizia, nella zona di comfort. E fa perdere di vista il motivo primario dello stare insieme: l’amore. Non è raro, né difficile, confondere l’amore con l’abitudine, cullandosi nella confortevole vita di coppia senza rendersi conto che la traiettoria presa dalla relazione non porterà a nulla di buono. La psicoanalista Florence Lautrédeu ha fornito alcuni chiarimenti a Madame Le Figaro su questo tema (potete leggere l’articolo originale qui). Vi riportiamo le sue riflessioni.
Come riconoscere l’abitudine
Innanzitutto, l’esperta suggerisce un modo di distinguere l’abitudine ‘logorante’ da quella che semplicemente si può ricondurre alla vita quotidiana. Usando una parola chiave: noia. Le coppie vittime di meccanismi abitudinari vivono in una sorta di grigio torpore. Non c’è mai luce, non è mai buio. Non c’è mai rumore, ma nemmeno silenzio. Il partner fa parte dell’insieme, quasi fosse un complemento d’arredo. Al contrario le coppie ‘vive’ possono attraversare momenti di stanchezza, ma se ne rendono conto, e agiscono per non soccombere. Rendersi conto di stare insieme solo per abitudine fa male (la paura di lasciarsi è comune, e comprensibile), ma è sano. Vuol dire uscire dal ‘coma’, interrogarsi, rendersi consapevoli. La terapista paragona l’amore ‘sano’ a un elettrocardiogramma: devono esserci alti e bassi, non una linea piatta.
Naturalmente occorre anche distinguere tra le abitudini che logorano, e quelle che danno piacere. Nella coppia di lunga data ci sono dei rituali che sono quasi ‘sacri’, e tengono insieme saldamente. Questi servono a celebrare il rapporto, appartengono solo alle componenti della coppia. Sono gli aspetti ‘meccanici’ che devono preoccupare. Quelli che diventano scontati, per nulla attesi o apprezzati. E quelli che non danno più piacere, o emozione.
Come comportarsi?
La responsabilità di aver indirizzato il rapporto verso l’abitudinarietà è di entrambi. Mancanza di imprevedibilità, di indipendenza, di inventiva. Ma come rendersi conto che si sta salendo questa china? Sono molti i fattori di allarme. Ad esempio la sensazione che tutto intorno sia noioso, la perdita di qualsiasi interesse. Il non fare più nulla insieme che esuli dalla routine casalinga. In casi estremi, quando l’abitudine ha già cominciato a fare danni, uno dei due partner può diventare ‘repulsivo’ per l’altro. Tutto reca fastidio, intolleranza. La vita sessuale si spegne.
Certo, si può anche scegliere, consapevolmente, di rimanere con qualcuno pur vivendo un rapporto spento. Una scelta comune quando non ci sono conflitti gravi, quando a entrambi torna comodo condividere una casa, quando ci sono dei bambini. Tuttavia, afferma l’esperta, deve essere un accordo chiaro e condiviso. In questo modo, ognuno può ritagliarsi spazi per vivere altri aspetti soddisfacenti della vita (lavoro, amicizie, sport, hobby, famiglia).
Tuttavia se si vuole agire prima di arrivare ad un’irrisolvibile infelicità, è meglio rimboccarsi le maniche. Innanzitutto, consiglia l’esperta, guardandosi dentro. Davvero è nella relazione il problema o ci sono altri aspetti della vita che opprimono (il lavoro, per esempio) e rendono infelici? A volte si imputa alla coppia un malessere che invece viene da fuori. Se si è consapevoli che il nocciolo della questione invece è proprio la relazione, è imperativo confrontarsi con il/la partner e cercare soluzioni. Per ridare verve al rapporto bisogna prima di tutto capire se lo si desidera. Occorre trovare un terreno comune se ci si è allontanati, magari rivolgendosi ad una terapia di coppia. Fare cambiamenti, anche piccoli, è importante. Ma ogni tentativo è efficace solo entrambi lo desiderano.