MEGLIO DORMIRE A LUCI SPENTE
Dormire a luci spente è meglio, sia per la nostra salute che per il nostro portafogli. A rivelarlo sono i risultati di una nuova ricerca scientifica statunitense. Anche una stanza debolmente illuminata, durante le ore dedicate al sonno, sarebbe sconsigliata. Non solo per i costi della bolletta della luce. Ma perché l’illuminazione, seppur lieve, sarebbe collegata alla comparsa del diabete tipo 2.
ABITUDINE DEL SONNO E SALUTE
C’è chi ama il buio assoluto e chi invece non riesce a prender sonno se non in penombra. Cattive notizie per il secondo gruppo, poiché basterebbe anche solo una notte in una stanza debolmente illuminata per innalzare il livello di insulino-resistenza. Ne consegue una ridotta capacità delle cellule di trasportare il glucosio fuori dal flusso sanguigno. E a ciò è associata l’insorgenza del diabete di tipo 2.
LE RICERCHE SCIENTIFICHE
Ricerche precedenti suggeriscono che l’esposizione alla luce durante la notte sopprime la produzione della melatonina. Anch’essa coinvolta nel mantenimento dei livelli di zucchero nel sangue delle persone. La melatonina viene prodotta nel cervello in risposta all’oscurità e regola i cicli sonno-veglia.
L’autrice principale dello studio è la dott.ssa Ivy Cheung Mason, della Northwestern University. La studiosa ha spiegato i risultati della ricerca. “I nostri risultati mostrano che una singola notte di esposizione alla luce durante il sonno influisce sulle misure di resistenza all’insulina.” E ancora. “L’esposizione alla luce durante la notte potrebbe anche avere il potenziale per influenzare il metabolismo”.
LUCI SPENTE PER UNA VITA SANA
Questi risultati sono importanti dato l’uso sempre più diffuso dell’esposizione artificiale alla luce, in particolare di notte. Il diabete è una condizione che dura tutta la vita che si verifica quando la quantità di zucchero nel sangue è troppo alta perché il corpo non può usarla correttamente. I pazienti devono monitorare regolarmente i loro livelli di glucosio per evitare che sviluppino complicanze potenzialmente fatali. L’ipoglicemia può infatti, nei casi più gravi, portare anche al coma.