La pratica di attività fisica, lo sappiano tutti, fa bene al corpo, alla salute e alla mente. Ma anche all’intestino. Stando a quanto si legge sul Daily Mail, infatti, potrebbe avere delle ripercussioni sui batteri intestinali. Ad affermarlo sono stati i ricercatori dell’Università dell’Illinois. Le persone inattive che hanno iniziato ad allenarsi per almeno 30 minuti al giorno, tre volte alla settimana, hanno riscontrato un aumento dei livelli di batteri intestinali che producono butirrato. Quest’acido anti-infiammatorio è stato associato alla protezione dal tumore intestinale. Ma anche alla perdita di peso e a difese immunitarie più forti.
La ricerca
I ricercatori hanno analizzato 18 donne magre e 11 obese. Tutti i partecipanti, nel periodo precedente allo studio, conducevano una vita sedentaria. Per sei settimane è stato chiesto loro di seguire attività fisica per tre giorni alla settimana. Il tutto passando da 30 minuti di esercizio fisico moderato al giorno a un’ora di attività intensa. I volontari sono poi tornati a svolgere uno stile di vita sedentario per altrettante sei settimane.
L’attività fisica giova all’intestino
I risultati rivelano che, nei soggetti attivi, è stata riscontrata una maggiore quantità di batteri intestinali in grado di produrre butirrato. Per ragioni non chiare, i risultati sono maggiori nelle persone magre rispetto a coloro che sono obesi. Il professor Woods ha dichiarato: “Abbiamo riscontrato che ci sono chiare differenze nel modo in cui il microbioma degli obesi risponde all’esercizio fisico rispetto a chi invece è magro. Abbiamo ancora del lavoro da fare per determinare il perché.”
Le conclusioni
Gli stessi risultati erano già stati riscontrati, precedentemente, sui topi. Ebbene sì, in caso di attività si sono dimostrati meno suscettibili all’insorgenza della colite ulcerosa. Il principale autore dello studio, il professor Jeffrey Woods, ha dichiarato: “Questi sono i primi studi che dimostrano che l’esercizio fisico può avere effetto sull’intestino indipendentemente dalla dieta o da altri fattori“. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Medicine & Science in Sports & Exercise.