Mangiare e fare del bene. A volte mettersi a tavola può avere un sapore davvero speciale. A Roma, nel vispo quartiere di Ostiense, lo scorso febbraio ha aperto un locale sui generis: il suo nome è Altrove. Perché è diverso dagli altri? Parliamo di un ristorante sociale che, oltre ad essere bello esteticamente (grazie all’accurata ristrutturazione opera dell’architetto Giuseppe Pellei) e spazioso (occupa 253 metri quadri), ha un’anima solidale.
Quale la mission? E’ tutta racchiusa nel claim “Porte aperte sul mondo”, un messaggio positivo ripreso anche nell’arredamento: il grande bancone del bar altro non è che un collage di porte. Da Altrove, infatti, il cibo è in grado di abbattere i muri e aprire le porte ad un mondo migliore.
Altrove. A Roma un ristorante dall’anima solidale
Proprio così. Qui si viene per mangiare in maniera consapevole perché in cucina non ci sono chef stellati ma ragazzi di età compresa tra i 16 e i 25 anni. Sono italiani e stranieri, rifugiati, minori non accompagnati e ragazzi di origine straniera di seconda generazione provenienti da realtà varie e difficili a cui è stata offerta la possibilità di imparare un mestiere per costruirsi un futuro.
I meriti vanno al Cies Onlus – Centro Informazione ed Educazione allo Sviluppo – che, tramite MaTeMù, il centro di aggregazione giovanile, ha organizzato un percorso gratuito di formazione (MaTeChef). Tra lezioni teoriche e pratiche, gli studenti potranno specializzarsi e divenire aiuto-cuoco, aiuto-pasticcere e operatore di sala-bar. Il tutto grazie a delle guide d’eccezione ovvero Lorenzo Leonetti, responsabile della formazione dei ragazzi e della cucina e Claudia Massara, chef alla guida della linea del pranzo.
Infine, a capo della panificazione e della pasticceria c’è Valerio Parisi. Dopo esser stati formati, i ragazzi si metteranno alla prova con un tirocinio retribuito (presso Altrove o in altre realtà ristorative romane aderenti al progetto) che potrebbe rivelarsi per loro (come già successo) la porta di ingresso nel mondo del lavoro.
Formazione e buona tavola
“Noi vogliamo comunicare, attraverso il cibo, la bellezza delle varietà culturali dei nostri ragazzi. Qui le differenze si uniscono e si esaltano a vicenda per creare qualcosa di buono e ciò si riflette sia nel lavoro in cucina e in sala, che nel percorso di formazione” – ha detto Elisabetta Melandri, Presidente Cies.
Valorizzare le differenze culturali, esaltare la convivenza fra le diversità e dunque anche le diverse tradizioni gastronomiche dei paesi di provenienza, è il valore aggiunto di Altrove. La mescolanza, infatti, è da intendere come un vero e proprio arricchimento.
Aperto dal lunedì al venerdì dalle 10:00 alle 15:00 e dal giovedì alla domenica dalle 18:00 alle 24:00, ogni momento della giornata è quello giusto per fare visita ad Altrove. Qui, avvolti da un’atmosfera rilassata, confortevole e ospitale, ci si sente a casa anche lontano da casa.
C’è sempre qualcosa di buono da assaggiare. A pranzo c’è l’imbarazzo della scelta. Si può puntare sul piatto unico a base di verdura, carne e pesce a cui aggiungere un cerale e due contorni a scelta oppure sui primi, così come le zuppe, suggeriti dal menu del giorno. Per l’aperitivo, invece, sono quattro le proposte salate che variano giornalmente e vengono accompagnate da un cocktail, una birra o un calice di vino. A cena, infine, si sceglie tra il menu à la carte o quello di degustazione.
Gli ingredienti usati sono di prima qualità e sono scelti tenendo fede alla filosofia del progetto. Qualche esempio? I formaggi provengono dalla Proloco Dol, in particolare dal Caseificio “Cibo agricolo Libero” dove lavorano le detenute della sezione femminile del carcere romano di Rebibbia. O ancora lo yogurt è prodotto dalla Cooperativa Barikamà, un progetto di agricoltura sociale gestito da ragazzi africani.
Menu: un viaggio tra i sapori del mondo
Cosa bolle in pentola? La cucina riserva delle belle sorprese. Ogni piatto invita a compiere un vero e proprio viaggio interculturale alla scoperta di sapori di altre terre. Basta leggere il menu per capire quali le innumerevoli realtà che gravitano intorno a questo luogo. C’è la seada fatta in casa, servita con bottarga di muggine di Tavolara, stracciatella di bufala e sedano croccante. O ancora il Cous cous di frumento integrale della Palestina, Maftoul, con verdure grigliate, mirtilli rossi e mandorle tostate.
Ce n’è per tutti. Per gli amanti del pesce c’è la spigola arrosto con spezie e aromi di Bangkok servita con zucchine romanesche e baby corn. I dolci? Da provare la mousse al cioccolato amaro guanaja, cremoso alla gianduia al latte e gelée ai lamponi. A dare un sapore più dolce al pasto non è però un particolare ingrediente, ma una scelta. L’incasso del ristorante viene riutilizzato per sostenere le attività di integrazione e promozione del dialogo interculturale no-profit realizzate dal CIES. E non solo. Anche quelle dello sportello di orientamento e sostegno al lavoro SOFEL.