Ha mosso i primi passi sulle spiagge dell’isola di Mauritius accompagnato dai suoni e dai balli della tradizione popolare e, da allora, il vocalist e chitarrista Jean Paul Maunick, detto Bluey, leader degli Incognito ha girato il mondo e in ogni luogo si sente a casa, ma in particolare in Italia dove dice di aver trovato il miglior pubblico possibile.
L’ho incontrato nel backstage del suo concerto organizzato al Blu Note a Milano per presentare il nuovo disco More Tales Remixed, in una serata tra cocktail a base di Cointreau e buona musica. Quando mi hanno confermato l’intervista con Jean Paul Maunick mi avevano un po’ intimorito preannunciandomi che mi avrebbero concesso solo 15 minuti, non sapevo quindi chi mi sarei trovata di fronte al di là del personaggio che sale sul palco e regala in maniera entusiastica parole di speranza e di allegria.
Mi sono seduta ad un tavolino in una piccola stanzetta dove si preparano i gruppi prima di salire sul palco circondata dal saxofonista Aaron Peters sdraiato su un divano, dal batterista, il nuovo acquisto della band, Peter Biggin, buttato su un altro accanto al trombettista, Sid Gauld e dalla voce maschile degli Incognito Tony Momrelle un omone alto e grosso che si stirava la sua maglietta di scena.
Poi è arrivato Bluey, calmo e sorridente, e si è seduto al mio tavolo. Il loro manager, intanto, la mia precedente guida nei cunicoli del dietro palco del Blunote, ha intimato agli altri di andarsene con la sua voce decisa di scozzese e qualche free drink in mano. É rimasto solo Tony ancora intento a stirare.
Grazie per avermi dedicato un po’ del suo tempo so che deve iniziare il concerto le ruberò solo qualche minuto (quindici in realtà).
“Grazie a lei per il suo” ecco il modo per mettere subito un interlocutore a proprio agio rotto il ghiaccio possiamo iniziare.
Come definirebbe la sua musica?
Da sempre io sono stato avvolto nella musica, non lo dico per impressionarla, ma sono di origine mauriziana e il mio primo ricordo sono io sulla spiaggia a ballare e cantare a ritmo di “sega” (la musica tipica dell’isola ndr). Quindi i miei testi e la mia musica prendono spunto dalla voce del mio popolo poi negli anni in seguito ai miei viaggi e alle mie nuove esperienze si è contaminata con altri generi, ma cerca sempre di comunicare qualcosa, colpire l’anima più che l’intelletto.
In quale luogo si sente maggiormente a casa?
A dire il vero mi capita spesso di essere da qualche parte e soffermarmi a pensare che qui mi piacerebbe vivere. Mi succede, per esempio, ogni volta che vado a Bali in Indonesia o vengo qui in Italia perché quello che mi stupisce di più è la reazione sempre calorosa che le persone hanno nei miei confronti credo, infatti, che siano i popoli a fare grande un Paese. Qui la passione delle persone si fa sentire e siete davvero il miglior pubblico che un musicista può chiedere.
Se dovesse suggerire una località?
In Italia potrebbe essere Perugia se no sarebbe sicuramente l’isola di Mauritius perché c’è la giusta combinazione tra modernità e tradizione e per i valori e le persone.
Cosa non manca mai nella sua valigia?
Un buon libro.