Se un anno fa il 2008 della neo-presidentessa argentina celebrava l’inizio di un mandato conquistato al primo turno (45,29%) e ricevuto direttamente dalle mani del marito, l’uscente Néstor Carlos, il nuovo anno si apre per lei sotto una pioggia di polemiche. L’amore del paese per l’anima femminile della sinistra peronista e per la donna che incarna i valori solidali del Fronte per la vittoria è in poco più di un anno sceso a un misero 25%.
In effetti, già dopo due mesi dal suo insediamento, avvenuto il 28 ottobre del 2007, i giornali di tutto il mondo spendono chilometri d’inchiostro prevedendo un scivolone così disastroso. E di bucce di banana la sua breve e poco intensa carriera sembra davvero lastricata. A cominciare dalle accuse che, dallo scorso gennaio, la definivano presidentessa part-time, che predilige la compagnia di celebrità internazionali come il cantante Joan Manoel Serrat, l’attore Antonio Banderas, sua moglie Melanie Griffith, e la top model Naomi Campbell. Piuttosto che occupare, come di dovere, il suo trono accanto alle cariche più autorevoli del governo nazionale. E ancora, l’assenteismo dalla Casa Rosada a cui Cristina preferisce la residenza ufficiale di Los Olivos e quella privata di El Calafate, dove trascorre le sue lunghe e chiacchierate sieste. Per non parlare della sudditanza psicologica e politica al consorte, definito – non a caso – presidente “virtuale”, attribuitale da detrattori ed ex-sostenitori.
A voler essere imparziali, la stragrande maggioranza dei decreti firmati nel primo terzo di mandato hanno visto nominare ministri e funzionari direttamente “riciclati” dalla presidenza di Néstor Carlos. Una condotta politica da molti descritta come il “trionfo del peronismo”, non solo per il passaggio di consegne tra coniugi, ma anche per il rafforzamento del controllo politico da parte del Partito Giustizialista alla base dei vecchi e dei nuovi equilibri. E con Lady Perón, la celebre Eva portata in auge dal film epopea con Madonna (“Evita”, Alan Parker, 1996) e, guarda caso, Banderas, la Cristina nazionale condivide non poche analogie. Prima fra tutte, la passione spasmodica per il lusso ostentato che cozza palesemente con il credo politico solidale e umanitario grazie al quale è oggi al potere.
Ma la connotazione femminile (e femminista) della sua carica costituisce un alibi troppo debole a tale mastodontica contraddizione. Mentre sono sempre meno quelli disposti a perdonarle, di fronte alla crisi economica che attanaglia l’Argentina, quei 100mq di guardaroba principesco, a quanto pare gli unici destinati ad una crescita esponenziale. In quanto a vestiti, la prima cittadina argentina è infatti davvero un’instancabile militante, pronta a spendere tra i 250 e i 400mila euro l’anno per un look inimitabile, sebbene (come sempre in nome dell’eccesso) con qualche caduta di stile. Poco importa se a propria difesa la Kirchner dichiara di dissipare patrimoni per arricchire il “made in patria”, soprattutto se si considera quell’airbus che la segue ad ogni viaggio per assicurarle lo spazio necessario allo shopping out-door e ai suoi cinque cambi d’abito quotidiani.