Che cosa hanno in comune Oliver Stone, Brigitte Bradot, Paul McCartney, sua figlia Stella e il Dalai Lama, oltre ad essere famosi per il proprio impegno sociale? L’essersi guadagnati uno spazio privilegiato nell’ultimo libro di Ingrid Newkirk, presidentessa della “PETA”, People for the Ethical Tretment of Animals. Pacifista ed attivista contro lo sfruttamento intensivo degli animali (dal mercato delle pellicce, alle industrie farmaceutiche, fino agli allevamenti lager) regala al mondo un’opera dedicata a chi crede nell’azione del singolo come contributo per la costruzione di un mondo migliore.
Testimonianze di personaggi dello spettacolo, della politica e della cultura, ma anche di cittadini privati, gente comune che ogni giorno fa qualcosa per tener fede, a dispetto del malcostume dilagante, al proprio credo eco-solidale. Si va dai principi più astratti, come “prevenire le sofferenze altrui come possiamo” (parole di Moby), “rispettare la causa anche a costo di sacrificio personale” (Al Sharpton), “eleggere la lealtà a principio-guida dell’esistenza” (Martina Navratilova), ai consigli pratici per una vita d’impatto positivo sull’ambiente.
Gesti semplici, come costruire un orto, seguire le più banali regole di raccolta differenziata, evitare i cosmetici testati sugli animali, i cibi provenienti da allevamenti intensivi e l’uso d’inutili pellicce, tenendo sempre a mente una regola di base. Il divieto assoluto dei ‘tanto è uguale’, dei ‘cosa vuoi che cambi l’azione del singolo’, e la convinzione dell’enorme potenziale di ogni esempio nell’ispirare il prossimo ad una condotta quotidiana più salubre per se stessi e per gli altri. Anche quando, per ‘altri’, s’intende l’intero mondo delle specie animali, depositarie di diritti costantemente calpestati dalla società contemporanea, sebbene, questa, possieda ormai i mezzi necessari ad evitare molte atrocità.
E, a proposito di giustizia, sarà entusiasta, e come Ingrid la parte ‘buona’ del pianeta Terra, dello stop alla sperimentazione dei cosmetici sugli animali, previsto in Europa per il 2011, grazie al suo impegno costante e a quello di tutti i movimenti per i diritti degli animali. È solo la prima importante vittoria di un cammino ancora lungo. Ma se la mentalità procede per stadi c’è da augurarsi che, dopo le industrie di beauty (i cui scopi ‘vanesi’ fanno dei massacri uno spreco particolarmente imperdonabile), anche quelle farmaceutiche seguano l’esempio e adottino il dictat “cruelty free”, abbandonando le facili giustificazioni riconducibili all’’evoluzione’ della specie umana.
Per info sul libro e sull’attivitità della PETA: http://www.peta.org/