Sally Potter torna sulle scene con un nuovo lavoro, dopo averla conosciuta ed apprezzata con “Orlando”. Con Rage, presentato alla Berlinale 2009, la regista ci regala un quadro assai minuzioso sui meccanismi che girano intorno al dinamico mondo della moda. Rage è un prodotto certamente sperimentale, considerato che, per la primissima volta, una pellicola debutta sul telefonino, prima ancora di essere distribuita e fruita nelle sale o in DVD. L’intento della regista inglese è chiaramente estremo, è un voler mettere in crisi un mondo, quello della moda, che spesso si appoggia sui falsi miti della nostra società. Miti della nostra cultura come la bellezza e il successo, contrapposti spesso, e a volte non per caso, a puri fallimenti e delusioni a catena.
Film che si ispira indubbiamente alla cultura pop, quella di Andy Warhol: la telecamera quasi fissa, infatti, ci rimanda alle vecchie pellicole del grande artista pop. Sette giorni, tanti personaggi, uno studente di cinema ed il suo blog. Un giovane blogger, Michelangelo, intervista dietro le quinte di un’importante casa di moda newyorkese, i personaggi che girano intorno al vivace mondo del fashion system. Nel riprendere le sue interviste-monologo Michelangelo diventerà un vero e proprio interlocutore dei protagonisti: dopo la morte di una modella, queste conversazioni si trasformeranno in importanti confessioni poiché riveleranno fatti e segreti della vita professionale dei tanti personaggi passati a lasciare la propria testimonianza.
Tra i protagonisti, grande merito è da attribuire a Jude Law, sempre molto incisivo, e questa volta più che mai, nell’interpretare una drag queen. Poi, un grande Steve Buscemi, nel ruolo del cinico fotografo, Judy Dench nei panni di una gelida giornalista e una svogliata Lily Cole che con sguardi ammiccanti provoca il giovane studente Michelangelo. Il bluescreen fa da sfondo alla sfilata dei tanti personaggi che di volta in volta si ritrovano davanti all’obiettivo della telecamera. Monologhi di 5 minuti che mostrano come la Potter abbia voluto ritornare ad un cinema più intimista, forse anche troppo… la parola ora al pubblico, che sarà indubbiamente l’unico a dover giudicare!