Pane e cioccolato, alimenti essenzialmente distanti ma tremendamente adatti per stare bene insieme. Due poli opposti che si attraggono, un po’ come sport e cioccolato, apparentemente così lontani ma possibilmente sinergici. Nell’immaginario comune se lo sport è sinonimo di forma, corsa, sudore, calorie da bruciare, mangiare sano, il cioccolato racchiude una serie di concetti di natura diametralmente opposta, come dolce, peccato di gola, piacere, relax, calorie. Messa così appare impossibile farli convivere.
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La verità è che in molti hanno tentato di trovare la strada per sdoganare l’uso del cioccolato tra gli sportivi, arrivando a completare con successo il processo di avvicinamento di due mondi fondamentalmente paralleli, ma che finalmente possono incrociarsi. L’evoluzione scientifica in materia nutrizionale ha scardinato vecchi assiomi e scavalcato gli ostacoli esistenti, mentre sempre più efficaci strategie di marketing e comunicazione hanno fatto tutto il resto.
Sul primo aspetto i medici specialisti, soprattutto quelli operanti nel campo della dietologia e delle dinamiche nutrizionali applicate allo sport, non hanno alcun dubbio a confermare che ormai gli sportivi possono tranquillamente consumare cioccolato senza perdere efficienza fisica. Anzi ne sollecitano addirittura il consumo: “Ad oggi – afferma in coro la medicina sportiva che si occupa delle diete degli atleti – il cioccolato può entrare a pieno titolo nella vita degli sportivi perchè è una grande fonte di antiossidanti, che proteggono le fibre dell’apparato cardiovascolare e, in generale, tutto l’apparato muscolare dallo stress, anche quello traumatico.”
C’è insomma l’ok della scienza, che però da sola non basta a convincere il consumatore, soggetto che diventa parte attiva delle dinamiche del mercato, e utilizzatore di beni che esso propone o impone, solo a certe condizioni. Occorre innanzi tutto che il prodotto abbia il necessario appeal commerciale, che sia un bene vendibile ad un certo target di persone. Ma soprattutto che il consumatore si possa identificare con il testimonial di turno, imitandolo nel consumo di quel prodotto. In tal senso i team del marketing hanno colmato il gap della scienza, generando sagaci campagne pubblicitarie mirate ad avvicinare il mondo dello sport al consumo di cioccolato e suoi derivati.
Il percorso è partito da lontano, con tecniche di comunicazione inizialmente piuttosto basilari. Come ad esempio con la Ritter, azienda tedesca nata a Stoccarda nel 1912. Nel 1932 la società creata da Alfred Ritter si amplia e allarga i suoi orizzonti inventando una tavoletta di cioccolato che può stare tranquillamente in un taschino di una giacca sportiva. Nasce così la Ritter-Sport, che mette in connessione il marchio e la sua destinazione d’uso ed ottiene risultati che vanno ben oltre le più rosee aspettative. La tavoletta diventa infatti uno snack veloce, adatto anche e soprattutto agli sportivi, utilizzato per ricaricare le batterie al termine dell’allenamento.
In Italia negli anni ’60 si diffonde Ovomaltina, una polvere al gusto di cioccolato prodotta in Svizzera. Viene miscelata ad altre bevande per dare un sapore più accattivante, al gusto cioccolato, ed è leggermente tonificante. In pratica un antesignano dei moderni integratori, tanto più che lo slogan con cui viene lanciata sul mercato é “Ovomaltina, dà forza”. Un modo per evocare la sua natura sportiva, strizzando l’occhio soprattutto al mondo dei più giovani.
Il rapporto tra sport e cioccolato è stato sempre alla base delle politiche commerciali anche della multinazionale piemontese Ferrero. La tavoletta al cioccolato Duplo negli anni ’70 – la celeberrima “colazione del campione” – ha rappresentato per anni lo stretto collegamento esistente tra i due mondi, grazie anche all’utilizzo di immagini di calciatori di serie A nelle proprie campagna pubblicitarie. Più di recente, con il marchio Kinder, la Ferrero si è spinta ancora più avanti, scegliendo l’immagine di uno sportivo dotato di grande forza comunicativa degli, come nel caso del campione brasiliano Kakà, del meno memorabile marciatore Alex Schwarzer, e ultimamente di Stephan El Shaarawy.
In realtà la pubblicità ha travalicato il reale confine tracciato dalla scienza tra un consumo inconsapevole e indifferenziato del cioccolato e gli effettivi benefici per gli sportivi. Troppe volte infatti l’associazione sport-cioccolato è risultata impropria, un po’ troppo costruita. E allora è di nuovo la scienza a chiudere il cerchio e a riportare la disquisizione sul piano più corretto. Sono infatti i nutrizionisti a dissipare una volta per tutto qualsiasi dubbio:”Per gli sportivi va bene il fondente, perché ha una maggior concentrazione di cacao. Più cacao, più polifenoli, più salute, mentre gli altri cioccolati come quelli al latte sono troppo ricchi di altre sostanze, calorie e grassi, che vanificano gli effetti positivi”