In un momento in cui in Italia c’è bisogno di ricominciare a parlare di donne e della loro dignità, in cui il dibattito sul ruolo femminile nella nostra società poteva volgere al termine e invece è tornato in auge sotto i peggiori auspici, arriva dal vicino Medio Oriente una voce che può essere un insegnamento per tutte. Certo parliamo di questioni agli antipodi, da chi sbandiera il proprio posteriore a mo di curriculum vitae, a chi il posteriore (e tutto il resto del corpo) lo deve censurare come fosse un dispositivo peccaminoso, ma in fondo si tratta dello stesso problema: stabilire il ruolo della donna e cambiare il modo in cui viene percepita, abbattendone i pregiudizi.
Ecco che una grande giornalista, scrittrice, poetessa, traduttrice (parla sette lingue) come Joumana Haddad, può illuminare la via, a volte a suon di provocazioni, altre in maniera seria ed esplicita – “Non sono una femminista. Sono una funambola sul filo dell’arte”- come nel suo ultimo libro. Nata a Beirut, è uno dei nomi più noti del giornalismo nel mondo Arabo, responsabile delle pagine culturali del quotidiano libanese An Nahar, e fondatrice di una controversa rivista dedicata al corpo, dal punto di vista delle arti, della scienza, della letteratura, che si chiama Jasad (‘corpo’ in Arabo).
Fondato nel 2008, si tratta di un magazine senza precedenti nella regione, che analizza il corpo in quanto simbolo culturale e sociale. Si scaglia contro i tabù oscurantisti e ‘fornisce a scrittori, ricercatori e artisti la libertà che meritano’ cita il sito ufficiale. In un’intervista al Sole24ore, in occasione dell’uscita di un suo precedente libro ‘Adrenalina’ dichiara al riguardo: “Il mio paese vive una schizofrenia sul corpo. La gente dice certe cose solo in privato… E’ ora di chiamare le cose con i loro nomi. Sono stanca delle metafore, della comunicazione non diretta”.
Joumana Haddad ha scritto numerosi libri sulla condizione femminile, sull’erotismo e la fisicità, dando vita ad una letteratura spesso provocatoria, ma sempre delicata e poetica. Il suo ultimo libro, ‘Ho ucciso Scheherazade – confessioni di una donna araba arrabbiata‘, edito dal 2010 ma arrivato da poco in Italia, è una sorta di coraggioso manifesto autobiografico in cui la scrittrice esplora i ruoli della donna nei paesi arabi, smontandone moltissimi pregiudizi, partendo da un episodio della sua infanzia: leggere le opere del Marchese De Sade. Il concetto di fondo è che la parità dei sessi non si negozia, che usare la seduzione come merce di scambio è sbagliato perché i diritti di cui devono godere le donne sono imprescindibili, non negoziabili, non mendicabili. Ed ecco che ritorna forte, quasi doloroso, il pensiero alle vicende dell’Italia di oggi, in cui le donne devono tornare a scendere in piazza per rivendicare la propria dignità, come accadrà il 13 febbraio prossimo.