Voi siete leader nella produzione della cerniera lampo. Mi racconta qualcosa su questo accessorio di cui non si parla spesso?
“La chiusura lampo nasce 1890 circa. Ma all’epoca aveva un meccanismo macchinoso, perché si trattava di uncini che si incastravano dentro cerchi, decisamente poco comodo perché pizzicava i tessuti. È un prodotto in continua evoluzione, sia dal punto di vista estetico che per la qualità dei materiali, ed è un accessorio che si presta a mille applicazioni. Per esempio si è sviluppata la cerniera in oro: è veramente di una copertura in oro, si tratta di pochi micron di questo metallo prezioso, che essendo nobile non è soggetto a problemi di ossidazione. L’utilità si è rivelata da quando i nostri produttori di borse hanno cominciato ad esportare ad Hong Kong, in condizioni climatiche particolari, umidità, calore: ecco che il metallo più resistente era l’oro.”
Lavorate su commissione?
“Tutta la nostra produzione è su commissione, perché le chiusure lampo vanno fatte su misura. È quasi impossibile che due clienti necessitino della stessa misura, colore, materiale, quindi in magazzino non teniamo articoli già fatti, non è possibile fare previsioni. L’unica previsione possibile riguarda i jeans, perché si tratta di un modello di lampo più classico. E comunque la nostra forza, soprattutto rispetto al mercato asiatico, è quello di caratterizzare, di sviluppare articoli totalmente personalizzati, anche per ordini di piccola entità. Le grandi marche sono tali perché i piccoli dettagli le rendono uniche.”
Quindi rispetto ai grandi mercati l’artigianato può rimanere competitivo?
“Sì assolutamente, il problema è molto comune, accade nell’intero mondo del design italiano: tutto viene copiato, ma noi abbiamo il vantaggio enorme di produrre continuamente nuovi articoli, il cliente sa che siamo sempre pronti ad innovarci. I grandi nomi della moda si guardano bene dal risparmiare pochi centesimi per avere un articolo di poco valore.”
Quali maison si rivolgono a voi?
“Lavoriamo molto con Prada, Gucci, Celine, Chanel…”
Tre parole per definire il Made in Italy?
“Artigianalità, flessibilità, innovazione. E’ un concetto un po’ difficile da spiegare, ma la discussione potrebbe essere anche un po’ sterile se pensiamo ad esempio a ciò che ha fatto Prada: ogni etichetta recita ‘made in Japan’ perché il denim è eccellente in Giappone, oppure ‘made in Perù’ perché l’alpaca migliore arriva da lì. Fa capire che parlare di Made in Italy tout court non ha senso.”