Cos’era il mondo prima che la televisione lo raccontasse in ogni suo anfratto? Cos’erano i conflitti del Novecento prima della nascita del fotoreportage? Un territorio sconosciuto ansioso di essere raccontato. L’esperienza di Life Magazine, nasce così, come uno dei primi esempi e modelli di fotogiornalismo, già nel lontano 1936. La Fondazione Musica per Roma e della Fondazione FORMA per la Fotografia, in collaborazione con Life e Contrasto, presentano la retrospettiva “Life. I grandi fotografi”, presso gli spazi dell’AuditoriumExpo dell’Auditorium Parco della Musica di Roma.
Fino al 4 agosto 2013 si cercherà di raccontare attraverso l’esposizione degli scatti più famosi e iconici del magazine, circa 150, ciò che Life rappresentò per il nuovo secolo. “Vedere la vita, vedere il mondo” era il motto impresso sul primo numero della rivista guidata da giornalista Henry Luce, fondatore di Time e futuristico protagonista dell’editoria fotografica. Personaggi come Robert Capa, Margaret Bourke-White, Alfred Eisenstaedt, ritraggono alcuni dei nodi storici e culturali del XX secolo. Un periodo segnato da avvenimenti cruciali come la Depressione degli anni Trenta, gli anni Quaranta, la Seconda guerra mondiale, il dopoguerra, il Vietnam. I fotografi di LIFE c’erano, in prima linea, al fronte, nel fango e sotto i bombardamenti. Il gruppo di fotografi riunito intorno alla rivista, che vedrà un periodo d’oro fino al 1972, anno della nascita della televisione come narratore di sogni e di incubi, è stato anche capace di cogliere gli aspetti patinati della nascente cultura di massa.
Il cambiamento del ruolo della donna, la centralità della fotografia di moda, il boom dell’industria cinematografica e un nuovo modo di pensare il quotidiano attraverso l’affermazione dello sguardo occidentale sul mondo. Uno sguardo preciso, asciutto, vicinissimo ai soggetti. Tra gli scatti celebri esposti, “Morte di un miliziano” di Robert Capa che ritrae il miliziano lealista mentre viene colpito a morte, oppure la foto di Margaret Bourke-White che immortala i sopravvissuti al campo di concentramento di Buchenwald. Poi arriva la televisione il progetto si spegne, ma gli scatti iconici arrivano fino ad oggi con tutto il potere della loro unicità.