Ciclabili di mezza Europa testimoniano che la bicicletta è così radicata nella cultura popolare da diventare elemento imprescindibile e caratterizzante come la lingua o la cucina locali. Il Baltico, il Danubio, la Mosella, l’Olanda, nazione quest’ultima dove le biciclette hanno addirittura la precedenza sulle auto. Paesi e città nelle quali andare su due ruote non è una rivendicazione di un diritto represso ma il libero esercizio della volontà di adottare la “mobilità dolce”.
Ma in Italia non è così: l’auto privata resta il mezzo di trasporto maggiormente utilizzato. E uno studio dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori, ha portato alla luce uno scenario di forti rincari nei costi annui di mantenimento delle automobili, dovuto soprattutto ai continui aumenti dei carburanti e delle tariffe rc auto. Pensiamo a quanto si risparmierebbe annualmente se si rinunciasse ad utilizzare l’automobile. Negli ultimi anni le quattro ruote hanno inciso sempre di più sul bilancio familiare degli italiani.
L’unica strada per risparmiare seriamente è quella di non possedere un autoveicolo. Il motivo principale per cui siamo obbligati a possederne uno, sta nel fatto che ogni giorno ci dobbiamo recare al lavoro, o che venga utilizzato proprio per lavoro. Moltissime persone partono la mattina presto, parcheggiano la vettura, passano l’intera giornata a lavorare, e riprendono il mezzo solo alla sera, per tornare a casa. Le nostre automobili rimangono inutilizzate per la stragrande maggioranza del tempo, ma essendo i costi fissi ad incidere maggiormente, l’auto ci sottrae denaro anche quando è ferma. Come pagare 100 euro al mese per un abbonamento telefonico, anche se si utilizza il cellulare per pochi minuti al giorno.
Se lavorassimo secondo ritmi compatibili con il nostro benessere, non avremmo bisogno di spostarci velocemente, potremmo usufruire dei mezzi pubblici, della bicicletta o addirittura potremmo spostarci a piedi. Ecco allora alcuni consigli su come ritrovare la mobilità dolce, cercando di usufruire della macchina il meno possibile.
Nel libro di Federico Del Prete “Compratevi una bicicletta – Come uscire dalla dipendenza da automobile e cambiare la propria vita” (Edicicloeditore), l’autore riesce pienamente nel suo intento: convincere che l’auto fa male. Con l’automobile si spende e si ingrassa; con la bici si risparmia e si rimane in forma. A metà fra saggio e romanzo, il libro racconta la storia di un motociclista convinto che si trasferisce da Roma a Milano e si converte alla bicicletta. Partendo dalla propria esperienza e dalle due metropoli messe a confronto nei loro vizi e virtù sulla mobilità, Federico Del Prete dimostra come l’uso indiscriminato della viabilità a motore non sia più sostenibile e appartenga a un mondo già vecchio. È ora di cambiare.
“Car sharing – Come la sharing economy cambia la nostra mobilità” di Carlo Iacovini (Edizioni Ambiente), spiega come il car sharing può diventare una soluzione ad effetto dirompente come lo sono il fotovoltaico in ambito energetico e i Led per il settore dell’illuminazione. Quella del car sharing pare davvero un’idea vincente. Economica: le tariffe sono variabili, in ogni caso però inferiori ai costi di gestione e di mantenimento di un’auto di proprietà. Sostenibile: l’auto in car sharing elimina dalle strade circa 10 vetture private e la città guadagna, o meglio ri-guadagna, spazio da destinare alla mobilità pedonale, ciclabile oppure al verde. In più, i veicoli utilizzati sono, spesso, a ridotto impatto ambientale. In ultimo: la percorrenza chilometrica annua da parte degli utenti del servizio diminuisce del 25% con il tempo. Il cliente percepisce il costo reale di ogni suo spostamento in auto e tende a limitare l’uso della vettura a favore del trasporto pubblico.
Di contro, in “Volt! L’auto elettrica non salverà il mondo” (Il Saggiatore – collana La cultura), Serge Enderlin racconta come le emissioni di CO2 crescano a dismisura, l’effetto serra incalzi e le riserve di petrolio si assottiglino. I grandi gruppi automobilistici rispondono con massicce operazioni di greenwashing e annunciano la realizzazione di motori elettrici a impatto zero, panacea di tutti i nostri mali ambientali. Ma siamo sicuri che l’auto elettrica salverà il pianeta dal collasso climatico? Da dove verrà la corrente “pulita” per ricaricare le batterie delle nuove auto? Enderlin ha esplorato i luoghi dove si sta progettando il futuro della mobilità, è entrato nelle fabbriche di domani, ha parlato con i protagonisti di questa osannata rivoluzione, è salito a bordo di avveniristici prototipi assemblati in cantieri segreti. E ha smascherato i punti deboli dell’auto elettrica. Da Detroit, capitale decaduta dell’impero automobilistico americano, a Shenzhen, laboratorio dell’eccellenza cinese, passando per la Silicon Valley, Tel Aviv e le miniere di litio dell’Altipiano boliviano, Enderlin firma un reportage, in cui, dissolta la cortina fumogena dell’ecottimismo, svela ai nostri occhi una scomoda verità.
“Una bella bici che va…”, a cura di Isabella Borghese (Giulio Perrone Editore) è un’antologia di racconti divisa in tre parti (manubrio, sellino e ruote), aperte rispettivamente da racconti inediti di Stefano Benni, Fulvio Ervas e Andrea Satta. L’idea del libro è nata da una frase di Margherita Hack («Non le nascondo che ho sempre pensato che prima la bicicletta era un mezzo indispensabile per adatte a scuola, a lavorare. Oggi lo considero un mezzo che richiama la libertà, ecologico, per divertirsi»).