Il vino, verrebbe da pensare, è prodotto solo con un frutto della terra: l’uva. In realtà però in alcuni casi la produzione di questa bevanda prevede anche l’aggiunta di sostanze di origine animale, come l’albumina, la caseina, la colla di pesce e le gelatine ottenute dalla pelle di maiale, oltre ai prodotti a base di chitina. Ciò può avvenire sia durante la prima fase, nel vigneto, e continuare durante la fermentazione del vino. Queste sostanze rientrano nella voce degli additivi, che fino ad oggi non dovevano essere dichiarati nell’etichetta: un bel problema per i vegani, desiderosi di nutrirsi di alimenti assolutamente cruelty free.
Da oggi però esiste un disciplinare specifico per chi non vuole rischiare, fornito dal marchio Qualità Vegetariana, approvato dall’AVI, Associazione Vegetariana Italiana. AVI ha scelto di affidare in esclusiva le attività di certificazione dei vini a VALORITALIA, che distingue il proprio da eventuali marchi di dubbia trasparenza. La certificazione ottenuta con la verifica di un organismo terzo competente e affidabile rappresenta una sicurezza in più per la percentuale di vegetariani in Italia, che oggi hanno raggiunto il 10 % della popolazione totale, un dato secondo solo a quello registrato India. Carmen Nicchi Somaschi, presidente dell’AVI, ha affermato “Il nostro mercato è una realtà in crescita, e ci siamo resi conto che va tutelato, anche per il vino, e da qui la scelta di lavorare per certificare che un prodotto è vegetariano". Per sostituire i chiarificanti di origine animale i viticoltori del mercato vegetariano ricorrono spesso a bentonite e carbone vegetale, ma tra loro c’è anche chi sceglie soluzioni ancora più radicali. L’Azienda Agricola Biodinamica Claudio Menicocci, per esempio, non pratica nessuna concimazione del terreno e utilizza solo lieviti autoctoni, operando come unico trattamento del vino la filtrazione. Il successo di questi prodotti assolutamente naturali sta rapidamente aumentando.
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