Brigate Rosse è un appellativo che in Italia evoca spettri di terrore, ma in India ha tutto un altro significato. Red Brigades è il nome che si è dato un gruppo di donne che promuovono l’autodifesa come pratica necessaria contro gli stupri: rosso come il colore della veste che portano, ‘brigate’ perché l’unione fa la forza, e queste donne di forza ne hanno da vendere.
Tutto nasce circa 8 anni fa a Lucknow, in Uttar Predesh, quando una maestra appena diciottenne, Usha Vishwakarma, subisce un tentativo di stupro da parte di un collega, sventato solo dai suoi jeans troppo attillati e dalla difficoltà del suo aggressore a toglierli. Riesce a colpirlo e mettersi in fuga, ma, ovviamente sotto shock, non viene presa sul serio dalle persone a cui denuncia il fatto. Dopo essere venuta a conoscenza della violenza subita da parte di una sua piccola alunna, Usha decide che è il momento di agire: se il cambiamento culturale della società non riesce ancora ad avvenire, se gli uomini pensano di poter esercitare qualsiasi sopruso come fosse un loro diritto, se le caste continuano a suddividere la società tra persone di classe A e persone di classe Z, è ora che le donne imparino a proteggersi da sole. Come? Con l’unione, innanzitutto, e con la forza se necessario.
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Nascono le Red Brigades, una brigata tutta al femminile che un po’ alla volta fa sempre più adepte, quasi tutte vittime di violenza o tentativi di stupro, che da un lato si occupa attivamente di diritti delle donne con proteste, sit-in, workshops, facendo educazione nelle scuole contro la violenza, invitando a denunciare gli stupratori anche se si tratta di familiari, come spesso accade. Dall’altro invita a passare ai fatti: i corsi di autodifesa delle ragazze delle Brigate Rosse diventano in pochi anni popolarissimi, e rimbalzano sulle pagine di molti giornali in particolare dopo l’orribile uccisione di una ragazza su un autobus a Nuova Delhi. La tragedia crea un’ondata di proteste in tutta l’India, e Usha e le sue alleate capiscono che oltre ad indignarsi occorre sapersi difendere, e avere un gruppo di sostegno può significare salvarsi la pelle in molti casi. I corsi di autodifesa negli anni si intensificano e si moltiplicano, e le ragazze non perdono occasione di mettere in pratica quello che hanno imparato.
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Quando una ragazza denuncia loro un abuso, una molestia, un comportamento offensivo e potenzialmente pericoloso di un uomo, il gruppo delle ragazze in rosso parte e si reca dall’uomo in questione, cerca dapprima di convincerlo a parole per poi passare ai fatti, punendolo corporalmente e pubblicamente, per fargli capire che non deve mai più permettersi di molestare una ragazza. Una di loro racconta, per esempio, di un vicino di casa che le tirava pietre quando lei andava a fare i suoi bisogni all’aperto (mancando i servizi igienici nella sua casa), per costringerla ad alzarsi e mostrare le sue parti intime. Quando la giovane gli si è rivoltata contro lui ha reagito come se nulla fosse, anzi rimarcando il suo diritto ad ‘averla’: lei lo ha riferito alle Red Brigades che sono andate a far visita all’uomo, e poi anche alla polizia, e da allora non è più stata molestata. In attesa che gli uomini imparino che il problema degli stupri è anche loro, e che sono loro gli unici a poter fermare la violenza, le donne si devono auto-organizzare per riuscire a prevenirla. Le storie delle ragazze delle Red Brigades sono raccontate in questo blog, in cui vengono postate le news sui corsi di autodifesa, sulle proteste, ma anche report su tragici eventi come quelli delle donne sfregiate con l’acido. Perché queste cose non succedano più, né in India né in nessun’altra parte del mondo.