Bisogna essere coraggiosi, curiosi e per nulla schizzinosi per assaggiare una delle specialità più antiche e particolari della tradizione islandese. Si tratta dello Squalo Fermentato o “Putrefatto”. In lingua originale prende il nome di Hakarl e viene preparato con carne di squalo della Groenlandia. La pesca e la tecnica di trasformazione di questo pesce risale ad almeno sette secoli fa. Un tempo, infatti, lo squalo da queste parti era un alimento molto apprezzato. Ed altre parti del pesce, come l’olio proveniente dal fegato, venivano impiegate anche per scopi differenti da quello alimentare. Nel corso del tempo, però, il suo consumo è diventato sempre più raro anche a causa del complesso procedimento necessario per renderlo commestibile. Le sue carni, infatti, allo stato fresco non possono essere mangiate a causa dell’elevato contenuto di ammoniaca.
L’antica ricetta dello squalo fermentato
Per preparare le carni al consumo vengono dapprima tagliate in grandi pezzi e poi sistemate all’aria aperta in un grande recipiente. Sulla cima del contenitore vengono poggiati dei pesi che le comprimono. In questo modo si favorisce lo spurgo dei liquidi che vengono espulsi tramite appositi fori sul fondo. Un tempo, al posto di questi contenitori, si utilizzavano delle fosse scavate nel terreno e ricoperte di rocce in prossimità della costa. La fermentazione dura dalle 3 alle 6 settimane in base alle temperature e alle condizioni atmosferiche.
A questa fase segue un lungo periodo di essiccazione di 2-6 mesi a seconda del clima. Durante questo lasso di tempo si forma una crosta rossastra in superficie. Tale patina contribuisce a preservare la parte interna che rimane, così, morbida e chiara. La carne, ora priva di liquidi, è pronta per il consumo. Nonostante non venga salata né trattata con additivi, si mantiene anche per diversi anni.
Una delizia per palati coraggiosi
L’odore di ammoniaca dello squalo fermentato è talmente penetrante che molti, Islandesi compresi, non hanno il coraggio di assaggiarlo. Il sapore è più delicato anche se estremamente particolare, ed è tanto meno intenso quanto più l’hakarl è di buona qualità. Un tempo lo Squalo Fermentato veniva consumato come portata principale o in accompagnamento al pane o al pesce essiccato. Oggi viene servito per lo più come snack. Viene tagliato a cubetti e accompagnato da stuzzichini al cumino e da un bicchierino di Brennivìn. Si tratta di una forte acquavite islandese che aiuta a tollerare più facilmente il profumo della carne, ritenuto da molti particolarmente sgradevole. Il suo consumo viene, ormai, considerato più una prova di coraggio che un piacere. Ma l’Hakarl può comunque essere a tutti gli effetti considerato una vera eccellenza gastronomica della tradizione islandese.
Un’unicità da studiare
Il pesce fermentato è una prelibatezza apprezzata sin da tempi remoti. In epoca romana, infatti, era diffusa l’usanza di ricavare una salsa saporita, il garum, proprio dalla pratica di fermentazione del pesce. Lo squalo, dunque, era soltanto una delle specie che in Europa venivano tradizionalmente sottoposte a fermentazione. Non è un caso, dunque, che abbia attirato anche l’attenzione degli studiosi. Recentemente, infatti, l’hakarl è diventato oggetto di studio di un team di microbiologhe del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa. In collaborazione con colleghi delle Università delle Marche, di Torino e dell’Istituto Zooprofilattico dell’Umbria e delle Marche le studiose hanno sequenziato per la prima volta il DNA delle popolazioni di lieviti e batteri caratteristici dell’hákarl.
Lo studio ha consentito di individuare i microrganismi in grado di conferire all’hakarl le caratteristiche che lo contraddistinguono. Il processo di fermentazione è, infatti, favorito da lieviti e batterini nativi. Determinare il numero reale di fermenti vitali e sequenziarne il DNA ha consentito di scoprire come l’alimento si trasforma nel prodotto unico che oggi conosciamo. La ricerca ha dimostrato che lo squalo fermentato è caratterizzato da una complessa biodiversità microbica. Sono proprio i fermenti, i lieviti e i batteri, dunque, il segreto dello squalo fermentato. E gli studi effettuati hanno consentito di identificarli con precisione.