Nella stagione calda il consumo di frutta fresca aumenta esponenzialmente rispetto all’inverno. È comune nutrire la voglia di qualcosa di fresco, dissetante, leggero. Piluccare ciliegie, albicocche, sgranocchiare anguria e melone diventa un’abitudine soddisfacente oltre che sana. Accade tuttavia che si possa avvertire un senso di gonfiore, che induce a porsi una domanda molto comune: quando mangiare la frutta? Dopo il pasto? Lontano da pranzo e cena? A digiuno? Su questo tema circolano diversi luoghi comuni, non sempre realistici.
Quando mangiare la frutta
Si dice spesso che la frutta a fine pasto fermenti e sia più difficile da digerire. Quindi bisognerebbe consumarla lontano da pranzi e cene. Ciò accadrebbe perché, essendo il tratto digestivo impegnato con altri alimenti, metterebbe la frutta in ‘stand by’ e le darebbe il tempo di fermentare, inducendo gonfiore e difficoltà digestive. In verità, non vi sono riscontri scientifici che indichino la veridicità di questa credenza. Lo afferma l’Istituto Superiore della Sanità: la frutta fa bene in qualsiasi momento la si mangi. Anzi, consumarla a fine pasto può apportare diversi benefici, riporta l’istituto: per esempio, permette che il rilascio degli zuccheri nel sangue sia più lento, aiuta ad assorbire altre componenti del pasto (per esempio la vitamina C aiuta ad assimilare il ferro), protegge il tratto digestivo da danni ossidativi, conferisce senso di sazietà e induce a smettere di mangiare.
È tuttavia vero che in alcune persone la frutta a fine pasto rallenta il processo digestivo (seppure in misura modesta, continua l’ISS) e dà luogo ad accumulo di gas. Ma questo non dipende dalla frutta in sé, quanto piuttosto da condizioni di salute individuali: colite, sindrome dell’intestino irritabile, meteorismo. Solo in tali condizioni si verificano dei fastidi, ma in una persona sana ciò non accade. Non c’è alcuno studio scientifico che sconsigli di mangiare mele e simili dopo i pasti.
L’importanza della frutta
Insomma, non è tanto importante quando mangiare la frutta, ma piuttosto quanto spesso farlo. È infatti noto che pesche, uva, fragole e simili sono un toccasana per la salute. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, un consumo limitato di frutta e verdura è da collegare in maniera diretta a numerose malattie e condizioni di salute precarie nel mondo. Solo nel 2010, stima l’organismo internazionale, sono stati calcolati 6.7 milioni di morti nel mondo a causa di patologie legate al basso consumo di vegetali freschi. Mangiare quotidianamente le ben note 5 porzioni di frutta e verdura giornaliere riduce realmente i rischi di patologie cardiovascolari, di alcuni tipi di tumore, secondo alcuni studi anche di osteoporosi e di diabete.
La regola delle 5 porzioni è importantissima per garantire un corretto apporto di minerali, vitamine, sostanze antiossidanti, fibre. Ma queste sostanze sono contenute in quantità diverse in ogni vegetale, quindi variare è altrettanto importante. Un suggerimento della Fondazione Veronesi è quello di basarsi sui colori per essere sicuri di aver assunto tutti gli elementi nutritivi necessari. È importante alternare vegetali rossi e arancioni con quelli verdi, bianchi, blu, gialli.
Per quanto riguarda la porzione, si può stimare (in linea di massima) che una mela, una banana o un’arancia corrispondano ad 1 porzione, mentre per albicocche o susine è meglio calcolarne 2 o 3. Con ciliegie e fragole possiamo stimare che 1 porzione corrisponda ad una decina di frutti. Anche una centrifuga o una coppetta di macedonia si possono considerare 1 porzione, così come un bicchiere di spremuta di agrumi.