Molto spesso, soprattutto quando si tratta di scegliere cosa mettere nel piatto, si cerca di assumere un comportamento più rispettoso possibile nei riguardi dell’ambiente. Siamo davvero convinti che le nostre azioni siano realmente environmentally friendly? A fare luce sull’argomento è stata Bonduelle che ha stilato una sorta di vademecum utile al fine di evidenziare i cosiddetti ‘falsi miti’.
Dieta flexitariana, la più environmentally friendly
Ad esempio, al fine di ridurre le emissioni di gas serra, sarebbe preferibile optare per pasti con forte presenza di vegetali. Come suggerisce uno studio condotto da WWF ed Eco2, l’optimum sarebbe seguire una dieta flexitariana. Questo regime alimentare è ricco di frutta, verdura, cereali integrali e prevede il consumo occasionale di proteine animali. Invita inoltre a ridurre l’assunzione di bevande zuccherate e cibo trasformato. I dati parlano chiaro: se tutti gli italiani evitassero di mangiare carne anche solo una volta a settimana, si otterrebbe un risparmio totale di 198 mila tonnellate di CO2.
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Km zero, tutta la verità
Amara verità per i sostenitori del km zero. Questa pratica nell’immaginario collettivo è ritenuta “green” perché aiuta a ridurre le emissioni di gas provenienti dai trasporti. Bisogna però allargare gli orizzonti per avere il quadro completo della situazione. Stando a quanto evidenziato dalla Fondazione Bonduelle, diverse ricerche hanno dimostrato che alimenti prodotti localmente possono essere in realtà fortemente inquinanti, molto più di altri che vengono importati. Lo stesso rischio vale anche per quel che concerne il consumo di frutta e verdura fuori stagione.
Alimenti confezionati e surgelati per non buttare niente
Contrariamente alle aspettative, a volte ricorrere al cibo imbustato, così come a quello surgelato, potrebbe rivelarsi utile. Il motivo? Evitare gli sprechi, soprattutto quelli domestici che, stando a quanto emerso da una ricerca di IXE, rappresentano il 54% del totale di cibo buttato.
Non solo. Secondo gli studi Bonduelle per lavare e disinfettare ogni confezione di insalata in busta si utilizzano, in media, 2,5 litri di acqua. In casa invece il 64% degli italiani, attenendosi ai dati diffusi dll’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, effettua 3 o più lavaggi per ogni cespo di insalata. Per fare un rapido calcolo basta considerare che un lavello da cucina medio ha una capacità di oltre 20 litri d’acqua.
Al bando gli sprechi, via libera al riutilizzo degli avanzi
Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma: avanzi compresi. Perché non riutilizzarli con fantasia? Possono divenire infatti protagonisti di ghiotte ricette. Un esempio? Il tipico dolce sardo S’Aranzada: cosa lo rende unico? E’ realizzato con le bucce delle arance.
Molto spesso a fine pasto, a prescindere dal numero dei commensali, i piatti (così come i bicchieri) vengono lavati a mano pensando che, così facendo, si risparmi rispetto all’uso della lavastoviglie. In realtà questa scelta comporta l’uso di più di 100 litri di acqua quando, un lavaggio in macchina, ne consuma in media 10/15. Si può scendere fino a 7 litri con i modelli di ultima generazione e se si considerano i cicli brevi. Da non sottovalutare poi l’uso del detersivo, decisamente inquinante. Bastano dunque piccole accortezze per assumere un comportamento environmentally friendly responsabile.
Bicarbonato di sodio, un ingrediente dai mille usi