Senza reggiseno in ufficio: un gesto di parità di cui appropriarsi oppure un insulto alle regole del dresscode in ambienti professionali? Lavorare senza reggiseno è un atto di libertà dagli stereotipi oppure un attentato alle regole del vivere con decoro?
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Senza reggiseno in ufficio: una libertà dal dresscode ufficiale?
Capita infatti che il tema scuota alcuni ambienti online come riporta Metro UK e che in molti si chiedano se rinunciare al reggiseno in ufficio potrebbe portare più libertà o imbarazzo.
Ora che le donne chiedono e ottengono di essere non discriminate per il vestiario, la questione si complica.
In teoria il dresscode non dovrebbe imporre discriminazioni e imposizioni troppo restrittive. Infatti dettare legge sul vestiario, decidendo che una donna debba indossare i tacchi al lavoro forzatamente, sa di imposizione. Quindi al contrario essere punite o sanzionate per non aver indossato dei tacchi è una forma di discriminazione piuttosto sottile. Dall’altra parte queste regole investono anche gli uomini e l’obbligo di vestirsi eleganti. Quindi le regole del vestiario non investono solo le donne. Ma fino a qui parliamo solo di abbigliamento esterno e non di biancheria intima.
Senza reggiseno in ufficio: la biancheria intima alla pari di un tailleur?
Qui infatti il discorso si complica. Un reggiseno è un accessorio che contiene e copre le forme femminili. Non indossarlo significa cambiare la fisionomia femminile. Questo sarebbe il sostanziale cambiamento dell’aspetto al quale andiamo incontro scegliendo di dire no al reggiseno. E su questo controllo dell’immagine femminile al lavoro dobbiamo interrogarci. Spetta alle dipendenti scegliere la propria biancheria intima o alle aziende?
Un seno femminile più libero e ingombrante sotto le camicie è un gesto di parità oppure una rottura delle regole di decoro? Non sarà che forse stiamo parlando di una parte del corpo eccessivamente sessualizzata e di un simbolo sempre legato alla sessualità? Se così fosse forse è il caso di riflettere bene se la malizia risieda sempre nell’occhio dell’osservatore.