Perché il disgusto ci salva la vita? Perché un’emozione che appartiene alla specie umana da sempre avrebbe un effetto protettivo sulla salute?
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Il disgusto è una barriera emotiva eretta contro qualcosa che viene considerato inaccettabile, pericoloso per la propria incolumità e dal quale prendere immediatamente le distanze.
Ma chi stabilisce cosa è disgustoso oppure no? E quali fattori influenzano questa decisione?
Quali sono le situazioni in cui il disgusto-metro si attiva fino a impazzire?
Business Insider ha divulgato uno studio scientifico sui livelli di disgusto della nostra società cercando di capire perché alcune cose fanno più schifo di altre. Ipotizzando che presto anche alcuni aspetti della vita sessuale potrebbero far schizzare il disgusto-metro molto in alto.
Perché il disgusto ci salva la vita? Perché solo certe cose ci fanno schifo?
Secondo uno studio della London School of Hygiene & Tropical Medicine esistono sei tipi di azioni considerate vomitevoli. E gli uomini e le donne le percepiscono in maniera diversa.
Si prova orrore di fronte a:
Ferite
Sesso
Igiene
Cibo
Animali
Infezioni e ferite provocano il più alto livello di disgusto. Anche i cattivi odori sono percepiti in maniera molto negativa.
Secondo gli scienziati però questa risposta biologica sarebbe influenzata anche da fattori culturali. E il disgusto sarebbe un’emozione connessa alla capacità evolutiva umana di proteggersi da una minaccia esterna. Nel caso delle infezioni, dal rischio di contagio. Anche nel sesso poi il disgusto di fronte a particolari infezioni visibili avrebbe lo stesso scopo. Addirittura però sarebbero le donne ad avere una soglia del disgusto molto più bassa degli uomini. Proprio il genere femminile inorridirebbe più facilmente rispetto a questioni come l’igiene personale e gli indizi di malattie veneree.
Gli esseri umani sarebbero quindi dei metal detector molto efficienti in caso di malattie che possano minarne la salute. Questa attenzione sarebbe il frutto di secoli di convivenza con malattie che pian piano abbiamo imparato a riconoscere già da micro-segnali.
‘Da questi risultati è chiaro come le persone abbiamo un intuito su cosa evitare nel loro ambiente di vita’. Così ha commentato Micheal de Barra, professore della Brunel University London che ha contribuito allo studio.
Quindi d’ora in poi non chiamatelo più solo cattivo odore.