Ready Player One, la nostra videointervista:
Vedendo Ready Player One, non si direbbe mai che Steven Spielberg abbia 71 anni. Ma solo all’esterno (portati decisamente bene), perché nel cuore non ne ha più di 18. A differenza di quanto viene scritto sui social, è tutt’altro che uno “zio” accondiscendente, pronto a regalare agli spettatori un’overdose di sogni. Il sogno lo regala certamente, ma come un’overdose ci sono anche gli effetti collaterali. Un prezzo da pagare chiesto a chi vede i suoi film. Quello di prendersi il tempo per riflettere sui nostri tempi, e trovare il coraggio di far luce sull’oscurità che ci circonda. Compresa quella dentro di noi.
Il futuro di Ready Player One
Non chiamiamolo dunque “Zio Steven”. Perché più volte nella sua filmografia ha sfidato noi e sé stesso, oscurandosi in primis in film come Munich o Minority Report. E lo fa anche con Ready Player One, kolossal fantascientifico tratto dall’omonimo libro di Ernest Cline (edito in Italia da DeA Planeta Libri). Che riflette in profondità sui passi da gigante della tecnologia e della realtà virtuale. E sulle potenziali conseguenze disastrose di questo boom.
Spielberg costruisce un futuro non troppo distante. Un avvenire in cui l’umanità totalmente impoverita deciderà di vivere soltanto in grandi oasi virtuali. Cancellando concetti come “vivere all’aria aperta” e “contatto umano”.
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Il regista butta dentro anche l’amore per gli anni 80 e la cultura pop di fine millennio. Ci regala emozioni e spettacolo, ma non è così che lascia il segno. Questo suo futuro di povertà che strizza l’occhio ai Blade Runner, Minority Report e I figli degli uomini, è come un avvertimento, qualcosa per cui dovremo tenere gli occhi aperti.
Incontriamo a Londra i protagonisti del nuovo film e con loro parliamo del modus operandi del regista e dell’uso improprio della tecnologia. Nel video in alto l’incontro con gli attori alla première europea di Ready Player One.
Ready Player One è distribuito nei cinema da Warner Bros.