In origine era la mail, e magari qualche chat. Poi sono arrivate le notifiche dei social, i tweet, la messaggistica web. Tutto è passato dal computer fisso al telefono portatile. Oggi tutti, chi più, chi meno, vivono una ‘vita parallela’ online. Vita che, come quella tangibile, porta gioie e dolori. E una buona dose di stress. Figlio del nostro tempo, lo stress digitale è una piccola grande piaga della società contemporanea.
Gestire tutte le connessioni digitali può affaticare. IPG WAREHOUSE, piattaforma che analizza ricerche ed approfondimenti legati a temi sociali e di attualità, ha deciso di occuparsi dello stress digitale, partendo dallo spunto di Wave, ricerca globale dedicata ai social media, giunta alla nona edizione. Denominata The meaning of Moments, è stata condotta da UM, centro media del gruppo IPG Mediabrands. Come spiega Carlo Messori, General Manager UM – Universal McCann Italia, lo studio si basa su dieci anni di analisi del contesto social globale. 54.000 le persone intervistate, in 79 Paesi del mondo, solo nella ultima edizione. L’analisi si è basata su ben 60 miliardi di interazioni online (fonte).
Stress digitale e iper-connessione social. Alcuni dati
Innanzitutto, l’85% degli utenti online dichiara di gestire attivamente il proprio profilo social. Dato in incremento rispetto alle precedenti edizioni della ricerca. Di conseguenza, molti utenti sentono l’esigenza di essere sempre connessi ed informati su tutto ciò che accade sui social. Ma lo stress digitale non si manifesta a causa delle troppe interazioni: al contrario, esso si manifesta nel momento in cui ci si allontana dalle attività social. Sono in molti infatti a sentirsi ‘fuori dal mondo’ se non ricevono continuamente aggiornamenti.
Il 50% degli intervistati dichiara di essere preoccupato di “perdere qualcosa di ciò che accade nel mio social network” (FOMO – fear of missing out). Mentre il 60% delle persone interpellate si sente in ansia quando non può accedere ad Internet. Altro spunto di riflessione riguarda lo scopo dello stare connessi. Sempre meno persone infatti considerano i social network un luogo di divertimento o svago ( -37% rispetto al 2010). Sono invece aumentati del 40% gli utenti che li considerano come piattaforma di auto-promozione.
Secondo lo studio, il 53% degli utenti afferma di essere influenzato dalle opinioni condivise online. Ed è in particolare la fascia di età tra i 25 ed i 34 anni ad esserne influenzata. E mentre su Facebook si parla tra gruppi di amici (secondo il 60% a livello mondiale), Twitter è maggiormente percepito come piattaforma che influenza l’opinione pubblica (45%).