Una famiglia “disfunzionale”, che si ritrova assieme, tra un tavolo e un pianoforte, senza conoscersi abbastanza. Una famiglia in cui si concentrano drammi sociali e personali dei singoli, delle coppie, del gruppo. Una famiglia che ricorda, in parte, quei “parenti serpenti” di monicelliana memoria, insomma. “A casa tutti bene”, il nuovo film di Gabriele Muccino, racconta il peggio dei drammi famigliari con il meglio della cerchia attoriale in Italia. Eccellenze non da poco, da Pierfrancesco Favino a Stefania Sandrelli, da Claudia Gerini a Giampaolo Morelli. E tanti altri ancora. Tutti protagonisti, per una commedia corale dalle fortissime emozioni e dalle storie che si muovono tra leggero e drammatico. Tra i protagonisti anche Stefano Accorsi, che abbiamo intervistato nel corso della conferenza stampa romana. Raccontandoci del passato del suo personaggio, Paolo. Ma anche di rimpianti e di inquietudini. Quelli di Stefano Accorsi.
Il personaggio di Paolo risulta molto complesso. Come ti sei trovato nei suoi panni?
Paolo cerca di guardare avanti nella vita, forse dimenticandosi un po’ troppo di quello che si lascia alle spalle. Lui è stato sei mesi in solitudine. Mi sono immaginato varie cose riguardo la sua vita in quei mesi. Secondo me un po’ di conti se li è fatti. Ma non vuole smettere di credere nella magia dell’amore e dell’emozione. Ma con gli anni diventa sempre più difficile, per colpa anche di batoste, come la sua separazione con un figlio. Nel momento in cui, durante il film, accade qualcosa di emotivamente negativa, lui la notte va a rivedere certe foto. Una cosa che personalmente mi è piaciuta, perché cerca di mettere da parte per superare. Ripeto, più si va avanti con l’età, più è difficile superare i momenti difficili. Eppure lui continua a provarci.
Alcuni tuoi colleghi hanno parlato di riprese lunghe ed epiche. Com’è andata per te?
Siamo stati otto settimane a Ischia in autunno. E lì fino ad autunno si fa ancora il bagno. Quindi tutto sommato, ti dirò, siamo stati bene. Abbiamo lavorato tanto perché, essendo un film corale, e quindi spesso tutti quanti tutti in scena, c’erano giornate in cui dovevamo essere sempre a disposizione, anche se solo per una piccola inquadratura. Un film che ci ha molto coinvolto, dal punto di vista emotivo e temporale. Era sempre molto nutrito anche il rapporto coi personaggi. Con un regista ispiratissimo e che ho trovato in una fase della sua vita in cui il talento si è raffinato e maturato. Un’esperienza bellissima.
Accorsi: “Credo che di base ci sia una inquietudine in me, ma forse sono più pacificato rispetto a Paolo”
Il “mal di vivere mucciniano” lo vivi anche tu o sei più pacato?
L’inquietudine dei personaggi di Gabriele la capisco. L’ho sempre capita. Ho avuto esperienze nella vita che mi hanno fatto andare avanti, nonostante fossero difficile e dolorose. Credo che di base ci sia una inquietudine in me, ma forse sono più pacificato rispetto a Paolo.
Che tipo di inquietudine? Paolo, a livello sentimentale, sembra un po’ leggero. Che avresti fatto al suo posto?
La mia è una inquietudine di fondo che non si supera mai. Ci faccio i conti e imparo a conviverci. Mi è capitato di avere attraversato periodi della vita in cui, come lui, mi sono isolato per rielaborare un momento difficile della mia vita. Ora posso dire che le ricordo come le esperienze più vive, assieme alle nascite dei miei figli e degli innamoramenti, e più potenti che abbia mai vissuto. Lo dico col senno di poi, perché in quel periodo vorresti solo o riavere quello che c’era prima, o superarlo il prima possibile. Sì, mi è capitato di fare degli errori, forse perché non ero felice nella situazione in cui vivevo. Gli errori si pagano, l’importante è andare avanti.